ADOZIONE APERTA: SI’ O NO?

Alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato che l’interruzione dei rapporti tra la famiglia di origine e il minore debbano essere intesi come “rapporti giuridici e non rapporti di fatto” è importante fermarci a riflettere su come può cambiare il panorama del mondo delle adozioni. (1)

E voglio provare a farlo rispondendo alle domande che maggiormente mi sono state poste dalle coppie che incontro durante i percorsi di accompagnamento al viaggio adottivo.

DIVENTEREMO COME L’AMERICA CON L’OPEN ADOPTION?

NO. L’Open Adoption, per come è strutturata nel continente americano, prevede che le famiglie adottive e le famiglie di origine decidano, di loro sponte, di mantenere dei contatti prima, durante e anche dopo che l’adozione si sia perfezionata. E’ un progetto guidato quindi dalle famiglie e non necessariamente con “il minore al centro”.

Quello che in Italia ora è stato legittimato dalla sentenza della Corte Costituzionale è che nel preminente interesse del minore il Tribunale per i Minorenni possa stabilire che non vengano interrotte le frequentazioni con alcuni membri della famiglia di origine.

MA QUINDI DOVREMO DECIDERE NOI CHI IL BAMBINO FREQUENTERA’ E IN CHE MODO?

NO. Sarà il Tribunale per i Minorenni, in fase di abbinamento del minore alla famiglia adottiva, a stabilire tempi e modi del mantenimento del rapporto con la famiglia di origine e con chi nello specifico (ad esempio se il nonno, o gli zii, o il fratello o la madre, ecc.).

Tempi e modi che potrebbero anche cambiare nel corso del percorso adottivo perché come ogni minore è in evoluzione tutto quello che lo circonda deve necessariamente esserlo.

QUALE SARA’ IL RUOLO DI NOI GENITORI ADOTTIVI?

Per i genitori adottivi sarà fondamentale imparare a convivere con la gestione “aperta” dell’adozione prevista del Tribunale per i Minorenni senza sentirsi “messi in discussione” nelle proprie capacità genitoriali. Un obiettivo non affatto semplice in quanto se è già difficile avere a che fare con “i fantasmi” della famiglia di origine è certamente più spaventoso avere a che fare con delle persone reali, ancora presenti oggi nella vita dei nostri figli.

Il compito dei genitori adottivi sarà quello di accompagnare il proprio figlio durante questo percorso di mantenimento di una parte dei legami passati che rappresentano parte della sua identità, osservando le sue reazioni, sostenendolo nelle sue emozioni prima e dopo gli incontri. Il fine rimane quello di percorrere insieme, un passo dopo l’altro, il cammino di integrazione del passato e del presente per costruire un saldo ponte verso il futuro.

MA ALLORA NON SAREBBE MEGLIO UN AFFIDO?

NO. Il progetto di affido ha senso per un minore la cui famiglia ha le possibilità di recuperare, anche solo parzialmente, una funzione protettiva, educativa e tutelante: è un progetto dichiaratamente temporaneo.

Queste sono invece situazioni in cui il minore è dichiarato in stato di abbandono in quanto la famiglia di origine è stata valutata permanentemente inadeguata alla sua crescita e quindi diventa primario per il minore il suo collocamento all’interno di una famiglia che sarà “la sua famiglia per sempre”.

Questo non esclude però che alcuni membri della sua famiglia di origine, che hanno per il minore un significato affettivo importante ma che per loro ruolo o natura non possono diventare i tutori del minore (ad esempio un fratello minorenne o una nonna molto anziana), possano restare presenti nella vita del minore in modo ovviamente tutelante e organizzato dall’autorità competente.

Ovviamente la letteratura in merito non consente ancora di fare delle dichiarazioni dal sapore scientifico, però quello che ormai tutti riconoscono è che non ci sia cura migliore per un bambino, indipendentemente dalla sua storia o dalla sua età, che sentirsi “figlio”, protetto e accudito all’interno di una famiglia accogliente, attenta e preparata.

Perché certamente per un bambino non è semplice gestire l’esperienza adottiva, né il mantenimento di alcuni legami biologici che, pur importanti, lo mettono a volte a contatto con alcuni ricordi dolorosi fatti di impotenza e frustrazione. E certamente gestire queste emozioni insieme all’educatrice della comunità per minori o stretto nell’abbraccio di due genitori è molto diverso.

Io credo che questa sentenza non potrà che favorire ancora di più il benessere psicofisico dei minori in stato di adottabilità, con la possibilità per i Servizi per l’Adozione e il Tribunale per i Minorenni di scrivere un progetto ad hoc per ogni bambino.

Le parole chiave quando si parla di minori e di famiglie sono elasticità e fluidità.

Perchè ogni storia è unica.

Perché ogni bambino è unico.

A cura della D.ssa Francesca Boracchi, psicologa psicoterapeuta

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    (1) per un approfondimento degli aspetti giuridici https://www.genitorisidiventa.org/notiziario/adozione-aperta-di-minori-cosa-cambia-dopo-la-sentenza-della-corte-costituzionale

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