NON E’ SOLO UN BICCHIERE

A livello neurobiologico l’alcool agisce su vari circuiti cerebrali alterandone il funzionamento. Fra questi il sistema della dopamina, un neurotrasmettitore la cui produzione aumenta con l’assunzione di bevande alcoliche. Il sistema della dopamina è associato alle strutture cerebrali della ricompensa, dell’apprendimento e della motivazione. Queste strutture ci consentono di riconoscere le esperienze piacevoli e di attribuire loro una valenza positiva. Così quando beviamo e proviamo piacere impariamo che il bere è qualcosa di positivo e siamo portati a rinforzare questo comportamento ripetendolo più volte.

Quando il consumo di alcool diventa cronico i cambiamenti a livello cerebrale ci rendono suscettibili alla sostanza di abuso e possono guidare il passaggio verso una vera e propria dipendenza.

Nella transizione intervengono anche altri processi fisiologici, fra cui il meccanismo della tolleranza, che rientra anche tra i criteri diagnostici del disturbo da uso di alcool. Il fenomeno della tolleranza fa sì che dopo varie assunzioni l’alcool produca via via un effetto minore di quello iniziale. Per ottenere gli stessi benefici di prima, per esempio provare benessere e riduzione dello stress, nel tempo si devono aumentare le quantità assunte. Il cambiamento indotto dalla tolleranza viene registrato dal cervello, che si adatta alla nuova situazione cercando sempre più sostanza. A questo punto ridurre le dosi o smettere di bere diventa più difficile anche perché può essere associato a sintomi di astinenza quali ansia, irritabilità e alterazione dell’umore fino a tremori nausea, vomito, tachicardia e febbre. Nei casi più gravi si arriva a convulsioni, allucinazioni e a uno stato confusionale tipico chiamato delirium tremens.

Gli effetti negativi possono manifestarsi a qualsiasi età, ma le fasce più vulnerabili risultano essere il periodo prenatale, l’adolescenza e dopo i 65 anni. L’adolescenza è una fase delicata perché i ragazzi non hanno ancora prodotto gli enzimi con cui viene metabolizzato l’alcool e possono quindi andare incontro ad effetti tossici maggiori, l’alcool interferisce con il loro sviluppo cerebrale. Negli anni dello sviluppo avviene il pruning cerebrale, cioè lo sfoltimento di alcune connessioni tra neuroni che collegano la corteccia prefrontale con le parti laterali, quelle legate a comportamenti emotivi, impulsivi e aggressivi. Questo processo favorisce la trasformazione e la regolazione dell’emotività e degli istinti a favore di risposte più razionali.

Anche nell’età adulta e per gli anziani l’alcool fa male. Oltre all’aumento del rischio di molte patologie, fra cui malattie cardiovascolari e vari tipi di cancro, vi è un maggiore declino cognitivo.

Secondo uno studio pubblicato su the Lancet Public Health le persone che bevono regolarmente quantità superiori a quelle proprie di un consumo moderato hanno un rischio maggiore, anche triplo, di sviluppare una forma di demenza.

La soglia quotidiana da non superare è pari ad un’unità alcolica, equivalente a un bicchiere da 125 ml di vino o una lattina di birra da 330 ml o ad un bicchierino di liquore da 40 ml per le donne e gli over 65, due unità alcoliche per gli uomini con meno di 65 anni, nessun consumo per i minorenni. Le bevande alcoliche devono essere assunte al pasto, è da evitare il consumo fuori pasto e il binge drinking, ovvero l’assunzione di più di 4 (per le donne) o 5 (per gli uomini) in un lasso di tempo ridotto. Varie ricerche hanno dimostrato che il binge drinking è associato a un ridotto sviluppo della materia bianca e a deficit cognitivi. Il binge drinking è rischioso perché il nostro fegato riesce a metabolizzare un’unità alcolica in circa due o tre ore: se beviamo due bicchieri in un’ora il secondo bicchiere circola indisturbato e può danneggiare gli altri organi. A livello cerebrale le aree colpite da un consumo eccessivo di alcool sono l’ippocampo, la corteccia prefrontale- che prende parte alla regolazione degli impulsi e delle decisioni- e il cervelletto – che ha un ruolo nel movimento e in importanti funzioni cognitive quali l’attenzione, la memorizzazione e il linguaggio.

Desiderare di bere, sentire di non poter rinunciare a quel bicchiere di vino o a quella birra sono i primi segnali che ci indicano che qualcosa non va nelle nostre modalità di consumo. L’allarme deve scattare sia quando iniziamo ad assumere sostanze alcoliche sopra i limiti consigliati sia quando ciò che cerchiamo non è più soltanto il gusto della bevanda, ma anche l’azione che questa svolge sul nostro umore. Da soli può essere difficile accorgersi del problema e spesso le persone chiedono aiuto quando la dipendenza è già in atto e danneggia la vita familiare, lavorativa e personale. E’ importante essere sostenuti e ricevere aiuto per gestire le emozioni e le problematiche personali che spingono a cercare una cura nell’alcool.

Sul territorio esistono vari servizi di alcologia come il NOA (Nucleo Operativo Alcoologia), si può prendere contatto con gruppi di mutuo aiuto anonimi e gratuiti come Alcolisti Anonimi, iniziare un percorso di supporto psicologico. Chiedere aiuto è il primo grande passo.

A cura di Rosaria Ljuba Lucariello, psicologa-psicoterapeuta

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