Vajont: un viaggio tra memoria e emozione

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Visitare la diga del Vajont non è solo un’esperienza storica, è un viaggio emotivo che lascia un segno profondo. Appena arrivata, ho avvertito un senso di inquietudine. Quella muraglia di cemento, ancora intatta, sembrava quasi irreale, una presenza muta in mezzo a una valle che porta ancora le ferite della tragedia.

Salendo lungo il percorso, il silenzio diventa assordante. Ogni passo era accompagnato da un senso di rispetto e di tristezza. Guardando giù, immaginavo l’onda gigantesca che, in pochi istanti, aveva cancellato interi paesi e spezzato migliaia di vite. Un pugno allo stomaco.

Poi è arrivata la rabbia. Perché tutto questo si sarebbe potuto evitare? La natura aveva dato segnali, gli abitanti avevano lanciato allarmi, ma nessuno li aveva ascoltati. Come non tornare coi pensieri alle letture fatte, alle tante segnalazioni, alla battaglia di Tina Merlin. Il peso di quella negligenza umana rende il Vajont un simbolo di memoria e responsabilità.

L’atmosfera intorno è densa di ricordi e di una solennità che inducono a fermarsi e riflettere. Per chi visita, è impossibile non percepire una consapevolezza più profonda della fragilità della vita, e dell’importanza di imparare dal passato, per fare in modo che tragedie come questa non avvengano più.

Visitare il luogo del disastro del Vajont può suscitare emozioni profonde e complesse in chiunque. Ecco alcune delle sensazioni che una persona potrebbe provare:

Sgomento e Tristezza

La vista del bacino, dei resti del paese di Longarone e delle memorie di una tragedia così devastante può generare un immediato senso di sgomento. La consapevolezza del dolore e della perdita subiti da migliaia di persone pesa sul cuore.

 

Riflessività e Contemplazione

La visita può stimolare riflessioni profonde sulla fragilità della vita e sull’impatto delle scelte umane. Le domande su come sia potuto accadere un evento così drammatico possono emergere, portando a una contemplazione su responsabilità, prevenzione e natura.

 

Empatia e Compassione

Osservare i luoghi colpiti e ascoltare le storie dei sopravvissuti può evocare sentimenti di empatia. La connessione con il dolore altrui può portare a una maggiore comprensione delle esperienze di perdita e sofferenza.

 

Colpa e Riflessione Personale

Alcuni potrebbero sentirsi colpevoli per il privilegio di non aver vissuto il disastro, interrogandosi su come avrebbero reagito in una situazione simile. Questa riflessione personale può portare a una maggiore consapevolezza delle ingiustizie e delle vulnerabilità del mondo.

 

Speranza e Resilienza

Allo stesso tempo, la visita può far emergere un senso di speranza. Osservare come la comunità si sia ricostruita e riunita dopo il trauma può ispirare sentimenti di resilienza e forza umana.

 

Angoscia e Nostalgia

Per chi ha legami personali con il luogo, come famiglie di vittime o sopravvissuti, la visita può evocare un’intensa nostalgia e angoscia. La presenza dei ricordi può essere opprimente, rendendo difficile il processo di elaborazione del lutto.

 

Rabbia

Non è una rabbia impulsiva, ma una che cresce dentro man mano che si conosce la storia, che si osservano i segni della tragedia e si realizza che tutto questo si sarebbe potuto evitare. È la rabbia di fronte alla negligenza. È la rabbia contro l’arroganza dell’uomo. È la rabbia per le vittime, vite cancellate per sempre a causa di decisioni sbagliate, di superficialità e di silenzi colpevoli.

Ogni visitatore del Vajont porta con sé un bagaglio emotivo unico e vive questa esperienza in modo diverso, ma una cosa è certa: nessuno ne esce indifferente.

 

a cura di Lorenza Magni, psicologa-psicoterapeuta

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