A quanti genitori sarà capitato di sentire un figlio dire “Oggi non posso andare a scuola…ho troppo mal di pancia!”
Spesso ci verrà da pensare che si tratti di una scusa, uno stratagemma per rimanere a casa o non affrontare qualcosa di sgradito come una verifica o un’interrogazione. Qualche volta potrebbe andare davvero così.
Ma ci sono casi in cui quel mal di pancia o quel mal di testa ci sono davvero.
Nella maggior parte dei casi si procede in prima battuta con delle indagini mediche, che però di solito non riescono a dare risposte al malessere portato dal bambino o adolescente. E allora cosa sta succedendo?
Fin dalla nascita il corpo risulta essere elemento fondante della persona ed è proprio attraverso il corpo che il bambino fa esperienza di sé e del mondo che lo circonda. Molte delle attenzioni degli adulti verso i bambini sono legate ad aspetti corporei come l’alimentazione, le principali tappe evolutive come lo stare seduti, gattonare, iniziare a camminare ecc.
Lo sviluppo del Sé del bambino però non si limita all’aspetto corporeo, ma è fortemente intrecciato con quello psichico ed è quindi inevitabile che queste due componenti siano in relazione e che il benessere di una sia intimamente connesso al benessere dell’altra.
Molto spesso nel bambino, soprattutto quando è molto piccolo o manca la possibilità di elaborare quel vissuto e verbalizzarlo attraverso il linguaggio, il corpo diviene lo strumento attraverso cui viene espresso un malessere psicologico.
Si verifica quindi un vero e proprio spostamento dall’interno all’esterno, per cui la comparsa del sintomo fisico, che di solito si serve di un organo o un apparato specifico (spesso ad esempio quello gastro-intestinale), ha per il bambino un doppio “vantaggio”: da una parte in malessere trova finalmente una via di sfogo e dall’altra viene inviata una richiesta d’aiuto all’adulto, un campanello d’allarme a cui prestare attenzione. Come già detto in precedenza, le vicende che riguardano il corpo sono molto concrete e tangibili e questo spesso garantisce un’attivazione immediata.
Il problema che si pone è però quello di dare il giusto significato al sintomo. Innanzitutto è importante non sottovalutare o sminuire, perché anche se in prima battuta non è chiaro quello che sta succedendo è bene passare al bambino un messaggio di accoglienza e riconoscimento di quel malessere. Una volta compreso e appurato che non vi sono cause organiche all’origine del sintomo, è bene affidarsi agli specialisti.
Spesso sono fenomeni lievi e passeggeri, altre volte invece richiedono una presa in carico del bambino, ma anche dei genitori così che possano essere accompagnati a interpretare questo linguaggio “segreto” del sintomo e poter comprendere quelli che sono realmente i bisogni o le paure che quel bambino sta cercando di esprimere, per poterlo aiutare a superare il momento di crisi.
a cura di Dalila Mapelli , Psicologa clinica e psicoterapeuta dell’infanzia e dell’adolescenza
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