IL NODO CHE LEGA E “SEPARA”

“Se te lo leghi cosi, poi non te lo toglierai più di dosso!” … Ma portare il proprio bimbo lungi dal generare in lui dipendenza, al contrario garantisce sicurezza e facilita il percorso di separazione

Qual è il posto perfetto per il neonato? Se istintivamente risponderemmo “il corpo del genitore”, nella pratica il mercato si sbizzarrisce con una fantasiosa proposta di “contenitori” che allontanano i corpi di genitore e bambino… Carrozzine-passeggini-sdraiette addirittura ho visto strani cosi che dondolano e vibrano imitando il respiro del genitore!!!

Riprendendo le fila di quanto ci siamo raccontati QUI, proviamo nuovamente a metterci nei panni del piccolo appena nato: dal ventre della mamma, luogo accogliente, caldo e ovattato in cui il piccolo si sente al sicuro e protetto, con la nascita il neonato viene catapultato in un mondo fatto di rumori pungenti, luci, colori, sbalzi di temperatura.. dopo pochi istanti egli è appesantito da pannolini ingombranti, abiti, cappellini, calzini perfino alle mani, fiocchi e merletti… e attorniato da vari soggetti che entrano nella sua sfera intima accarezzandolo e sballottandolo di qua e di la…

Ecco allora che interviene sapientemente la mamma che adagia il piccolo corpicino nel lettino, comodo e spazioso… e abbiamo completato il quadro… Il bimbo si dispererà, non sentirà più i suoi confini cosi ben delimitati fino a pochi istanti prima dal contatto con il liquido amniotico e le pareti dell’utero materno (ecco perché già cosi piccolo lo ritroviamo addossato alla sponda della culla… è in cerca del suo confine e lo può percepire solo se qualcosa lo tocca dall’esterno, sia il corpo materno o la culla). Nella collina il piccolo non sentirà più il rassicurante tepore del corpo materno, l’odore del seno che tanto lo rassicura, perderà qualsiasi riferimento perché per lui solitudine, calma e assenza di movimento significano solo “pericolo di vita”…

E dunque la mamma riprenderà in braccio il piccolo tremante e disperato, e quel corpino singhiozzane si calmerà in pochi secondi sprofondando in un sonno profondissimo. Cosa ci sta dicendo? Semplicemente che la giusta collocazione di quel corpicino spaventato non può che essere un abbraccio caldo dovrà stare il più possibile durante le prime delicate giornate di vita, dove stabilirà un contatto manipolativo, ma al tempo stesso rassicurante, con i genitori.

Si potrebbe dunque pensare che dopo i primi giorni egli si adatterà all’ambiente e potremo lasciarlo nella sua culla…. Beh… Prima di farlo è meglio metterci ancora una volta nei panni del cucciolo sapendo che egli è venuto alla luce circa 12 mesi prima di quando avrebbe dovuto… Kirkilionis (1986) e Manns&Schrader (1995) parlano di “Nascita prematura fisiologica” per differenziare la nascita del piccolo dell’uomo da quella degli altri mammiferi. A causa dell’evoluzione il cucciolo d’uomo è costretto a venire alla luce dopo 9 mesi dal concepimento anziché 21, età n cui sarebbe “pronto per affrontare il mondo” (di fatto avrebbe 12 mesi, età in cui i bimbi in effetti imparano a camminare… età in cui la fascia trasforma profondamente il suo significato… ma questo magari lo vedremo in un altro articolo!)

Il neonato è dunque un prematuro “fisiologico” anche quando nasce a 40 41 42 o addirittura 43 settimane…

Essere prematuro significa non potersi muovere, non poter esplorare l’ambiente per limiti legati alla deambulazione ma anche alla vista, quindi non poter seguire il genitore ma dover essere tras-Portato, in sostanza dipendere totalmente dall’adulto per la propria sopravvivenza.

Ecco allora che per “seguire il genitore” e ottenere risposta pronta e sicura,  l’essere “tenuto in braccio” è lo strumento principe. E il pianto “appena lo metto giù” è il mezzo più efficace per ottenere questa prossimità.

La fascia si inserisce a questo punto del cammino della coppia. Essa da un lato garantisce al piccolo prossimità, la presenza rassicurante del genitore è li a disposizione di sguardo e odori, il piccolo si sente costantemente mosso, cullato dal movimento del portatore, il pianto verrà udito al primo vagito… Dall’altra parte la fascia assicura alla mamma, in una società in cui spesso si trova da sola a prendersi cura del piccolo, un aiuto e un sostegno in più… è lo strumento a cui affidare parte del “peso” fisico del bimbo che starà all’inizio addosso molte ore al giorno, ma anche parte del peso simbolico ed emotivo di avere quell’esserino “sempre addosso”.

E qui veniamo al perché portare in fascia lungi dall’essere uno strumento di dipendenza è invece uno strumento che garantirà sicurezza  e quindi non legherà ma consentirà al bambino di separarsi. La possibilità di avere risposte pronte e immediate renderà il bambino sicuro che “li accanto c’è sempre qualcuno pronto a aiutarmi… non sono solo, quando ho bisogno basta che faccio un piccolo piccolissimo ueeee e la mamma mi risponde subito”… Con questa consapevolezza, con questa sicurezza, il piccolo potrà allontantarsi dal genitore, sicuro che nel bisogno egli risponderà… “senza ombra di dubbio”. Un bambino abituato ad una risposta pronta, constante e certa sarà  fiducioso rispetto alla dilazione della risposta stessa nel caso di lontananza fisica. Sarà più incline ad allontanarsi e ad esplorare, sarà in sostanza più fiducioso nella risposta del mondo… Oggi il genitore, domani il mondo intero… Sarà un bambino fiducioso, solare, positivo…

È per questo che ho voluto dare un titolo speciale al corso Portare i Piccoli che propongo al Melograno: “Wrap Me To Fly” … mamma, LEGAMI per darmi tutti gli strumenti che mi consentiranno di VOLARE… il legame è il più bel regalo che possiamo fare ai nostri cuccioli, perché la prossimità, lo stare “addosso” lega, rassicura e costruisce la base sicura da cui spiccare il volo…

Manuela

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