Cosa sono le funzioni esecutivo-attentive?
Le funzioni esecutivo-attentive le possiamo rappresentare come un arcipelago di funzioni cognitive specifiche, ma molto interconnesse tra loro, che regolano e permettono di pianificare il nostro comportamento e di mettere in atto azioni finalizzate al raggiungimento di un obiettivo (Anderson, 2002), e vengono per questo considerate abilità adattive. Per semplicità espositiva suddivideremo tali funzioni in funzioni esecutive e funzioni attentive, tenendo però a mente come per le une siano sempre necessarie le altre (utilizzando una metafora sportiva, basti pensare come durate un allenamento di pesi in palestra per allenare un muscolo specifico esistono esercizi specifici, ma per l’utilizzo funzionale di quel muscolo servirà il sostegno e l’interconnessione di altri distretti muscolari/corporei).
Sulla base del modello di Miyake e collaboratori (2000), tale arcipelago di funzioni esecutive possiamo rappresentarlo come composto da 3 isole morfologicamente più lineari che rappresentano le funzioni di base, e altre isole più articolate e complesse che rappresentano le funzioni di secondo livello.
Le funzioni esecutive di base sono:
Le funzioni esecutive di ordine superiore, invece, sono funzioni complesse che si strutturano a partire da quelle di base e che entrano in gioco nelle situazioni di vita quotidiana, soprattutto quelle nuove o più strutturate, in cui comportamenti appresi e automatizzati risultano insufficienti. Tra esse si annoverano (Diamond, 2013):
Per quanto riguarda le abilità attentive, possiamo definirle genericamente come quei processi cognitivi che ci permettono di selezionare alcuni stimoli dell’ambiente (i più rilevanti) e di ignorarne altri in modo fattuale o continuativo nel tempo. Per rendere conto della complessità di tali funzioni vanno necessariamente distinti processi che operano in maniera differente:
Come si sviluppano e a cosa servono?
Le funzioni esecutivo-attentive si strutturano seguendo lo sviluppo dei lobi frontali, ed il loro sviluppo è massimo e differenziato tra i 5 e i 25 anni di età (in particolare le componenti attentive si sviluppano generalmente più precocemente e quelle esecutive più complesse più tardivamente). Sono proprio tali abilità che sostengono l’aumentare della complessità comportamentale nel corso della vita, sostenendo la possibilità di affrontare quotidianamente compiti semplici e complessi. Esempi quotidiani e concreti di aspetti in cui sono coinvolte tali funzioni sono per esempio l’avviare un’azione, sostenere un compito nel tempo, controllare le interferenze e gli stati emotivi, affrontare i cambiamenti, rielaborare un progetto, e cercare nuove soluzioni. Essendo abilità adattive, il loro buono sviluppo è correlato con un miglior rendimento scolastico, lavorativo, abilità sociali e relazionali e una miglior qualità di vita in età adulta, e sono inoltre considerate protettive rispetto alla comparsa di condotte a rischio e disturbi della condotta.
Fatiche nelle funzioni esecutivo-attentive sono infatti presenti in numerosi disturbi del neurosviluppo quali il disturbo da deficit di attenzione/iperattività, disabilità intellettive, disturbo dello spettro autistico, disturbi del linguaggio e disturbi specifici dell’apprendimento.
Quali sono i segni di una difficoltà a livello di FEA?
In età prescolare si possono notare difficoltà a portare a termine un gioco o un’attività, scarsa tolleranza alla frustrazione, difficoltà nella regolazione degli stati emotivi e irritabilità, atteggiamenti oppositivi o aggressivi, agitazione motoria e iperattività, goffaggine motoria e difficoltà grafo-motorie, difficoltà a ricordare e/o rispettare le regole, a rispettare i turni della conversazione o del gioco, e a ricordare e portare a termine le consegne.
Tuttavia, è in età scolare che tali difficoltà di regolazione emergono in modo più netto, quando le richieste del contesto aumentano. Qui appaiono: scarso controllo inibitorio, incapacità di portare a termine compiti assegnati (soprattutto se lunghi e complessi), difficoltà nel mantenere l’attenzione (soprattutto in compiti noiosi), difficoltà di percezione del tempo, difficoltà nell’eseguire più compiti contemporaneamente (ascoltare e prendere appunti), lentezza esecutiva, difficoltà a tenere il filo del discorso e ad autocorreggersi, difficoltà di pianificazione e di organizzazione nei compiti scolastici e nella vita quotidiana, e difficoltà di relazione con i pari.
Funzioni esecutivo-attentive e successo scolastico, quali collegamenti?
Sulla base di tutto quello che abbiamo appena detto, appare evidente come a partire dagli anni scolastici le funzioni esecutivo-attentive siano estremamente interpellate, in quanto viene richiesto lo svolgimento di attività e comportamenti come per esempio:
Inoltre, tali funzioni sono direttamente implicate nello svolgimento dei compiti scolastici, come ad esempio: i compiti matematici richiedono di tenere a mente e manipolare informazioni numeriche, formule e procedure, inibire informazioni irrilevanti e passare flessibilmente da una operazione o procedura ad un’altra, oppure l’apprendimento e l’automatizzazione dell’associazione fonema-grafema (associato a migliori abilità di lettura, scrittura e comprensione del testo).
È stato infatti dimostrato che un buon funzionamento delle funzioni esecutive ha una correlazione positiva con gli apprendimenti scolastici a prescindere dal quoziente intellettivo, e che difficoltà in queste funzioni, quindi, sono correlate a fatiche scolastiche, che provocando insuccessi nelle attività scolastiche potrebbero a cascata sfociare in fatiche emotive, motivazionali e frustrazione verso la scuola e verso se stessi (senso di scarsa autoefficacia e bassa autostima). Essendo poi la scuola obbligatoria fino ai 16 anni di età, vale la pena attenzionare tali aspetti.
Come si valutano e come trattarle/potenziarle?
Le funzioni attentive ed esecutive vengono valutate in un iter di valutazione neuropsicologico tramite la somministrazione di prove standardizzate e specifiche per ogni componente, associata ad un’analisi qualitativa dei risultati, ad una osservazione comportamentale, e a questionari e interviste semi-strutturate rivolte a soggetto/genitori/insegnanti.
Essendo che i bambini non nascono già con queste abilità ma con il potenziale di svilupparle, e che tali funzioni evolvono nell’arco della vita, esse possono essere allenate a qualsiasi età (ed in modo particolare in età evolutiva sfruttando il periodo critico della massima plasticità cerebrale). Per farlo si utilizzano strumenti e strategie adeguate e mirate, strutturate in ordine gerarchico con difficoltà crescente, e che si pongono l’obiettivo di consolidare le abilità di base prima di poter procedere con quelle successive, motivo per cui il percorso deve essere prolungato nel tempo (Diamond, 2013). Aspetto degno di nota è come in età evolutiva sia importante il coinvolgimento di genitori e insegnanti in modo che siano loro stessi promotori di strategie esecutivo-attentive efficaci, in quanto esse si sviluppano soprattutto all’interno di un contesto relazionale e sociale sano, affidabile e supportivo.
Per tale motivo sono stati strutturati numerosi percorsi di training cognitivo, tarati sulle differenti età (a titolo esemplificativo, cito il metodo Benso in età scolare).
Tuttavia, anche se in modo meno strutturato, è possibile allenare tali funzioni anche a casa tramite l’utilizzo di alcuni giochi (in età evolutiva) come tripolo, color addict, blink, smiley games, dobble, mister mind, taboo, pictureka, kaleidos, candy catch, labirinto, tangram, i chiodini, oppure giochi come smettere di ballare quando la musica si stoppa, alzarsi in piedi quando l’adulto indica il basso (e viceversa) ecc.; mentre in età adulta possono essere allenate tramite app quali training cognitivo, lumosity o ERICA.
Esistono inoltre semplici ma utili strategie di contenimento attentivo quali l’utilizzo di tabelle, planning settimanali o giornalieri, e strutturazione delle pause o di momenti di decompressione per la regolazione emotiva.
A cura di Sara Marchesi Psicologa clinica
Bibliografia:
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