Essere maschio o femmina è innanzitutto un fatto genetico. Alla nascita il bambino non sa di essere un maschietto o una femminuccia, ma già dal quarto mese di gravidanza grazie all’esame prenatale, o ancor prima, tra la decima e la dodicesima settimana con il test del DNA fetale, i genitori possono conoscerne il sesso ed iniziare a pensarlo in quanto maschio o femmina. Sin dalla vita intrauterina veniamo investiti di pensieri, attese, fantasie, aspettative relative al genere e al significato che nella nostra famiglia, nel nostro specifico contesto storico-culturale esso porta con sé. Attraverso l’interazione con l’ambiente e le relazioni che instauriamo con gli altri facciamo esperienza di noi stessi diventando man mano ciò che siamo.
Come si configura il nostro essere maschio o femmina? Studi sull’identità di genere mostrano l’infattibilità di incanalare la complessità dell’essere umano in due categorie e propongono di guardare al genere come ad un contenitore di molteplici rappresentazioni di ciò che siamo e di ciò che non siamo. Le ricerche propongono il passaggio da una visione statica e dicotomica (maschile vs femminile) ad una visione dinamica in cui i poli maschile e femminile di pari valore funzionano insieme, come le due estremità dell’asse di una sfera, intorno a cui essa gira.
Diversi studi hanno messo in evidenza le differenze neurologiche tra i sessi: da una parte l’uomo con il suo emisfero sinistro, razionale, logico e rigidamente lineare, dall’altro la donna con l’emisfero destro, più dinamico, creativo e capace di compiere operazioni mentali in parallelo.
Per abbracciare la complessità dell’essere umano è necessario uscire dalla staticità dicotomica, un cervello infatti non è mai tutto maschile o tutto femminile, è piuttosto un mosaico unico di caratteristiche, alcune più comuni nei maschi che nelle femmine, altre più comuni nelle femmine che nei maschi, altre ancora ugualmente comuni in maschi e femmine. Nel cervello di un uomo è altamente probabile che ci siano anche tante regioni neurali di tipo femminile (la cui forma è statisticamente più diffusa nel cervello di donne), oltre che regioni neurali di tipo maschile (la cui forma è invece statisticamente più diffusa nel cervello di maschi).
Ciò che siamo dipende dal nostro bagaglio genetico, da fattori ormonali e fisiologici, dalla relazione con l’ambiente e da come facciamo nostri i modelli con cui abbiamo interagito sin da piccoli, i messaggi relazionali con cui quotidianamente entriamo in contatto nel corso dell’esperienza.
Non sempre è facile sentirsi a proprio agio con noi stessi soprattutto quando siamo inondati da messaggi altrui che spesso ostacolano e talvolta impediscono un pieno riconoscimento di sé. Dare ascolto e decifrare questi messaggi, elaborare gli stimoli e i modelli forniti dall’ambiente facilita il contatto con ciò che autenticamente siamo.
Non esiste un maschile o femminile in assoluto piuttosto miriadi di modalità uniche di stare al mondo. Per concludere cito un mio carissimo professore: “Maschio o femmina si nasce, uomo o donna si diventa” (Minolli, 2007).
A cura della d.ssa Ljuba Lucariello, psicologa
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