Negli anni ’80, il politologo neozelandese James R. Flynn scoprì un fenomeno che sorprese molti psicologi: nel corso del Novecento, i punteggi medi ai test di intelligenza (QI) stavano salendo in modo costante e significativo in moltissimi Paesi.
Questo incremento, chiamato appunto Effetto Flynn, indicava che ogni nuova generazione otteneva punteggi più alti nei test rispetto a quella precedente, con un aumento medio di circa 3 punti QI ogni decennio.
Ma oggi, cosa sta succedendo? È ancora in atto questo fenomeno? La risposta, come vedremo, è più complessa di quanto si pensi.
Cosa mostrano oggi i dati?
Negli ultimi 10–20 anni, diversi studi in Europa, Stati Uniti e altri Paesi avanzati hanno evidenziato una tendenza preoccupante: i punteggi del QI stanno smettendo di crescere, e in alcuni casi stanno diminuendo.
Alcuni esempi:
Questa possibile “inversione dell’Effetto Flynn” ha acceso il dibattito nella comunità scientifica.
Perché il QI non cresce più?
Non c’è una risposta univoca, ma le ipotesi più accreditate indicano fattori ambientali e culturali. Ecco i principali:
🧠 Cambiamento nei contenuti cognitivi richiesti
I test di QI sono rimasti relativamente stabili, ma il tipo di intelligenza valorizzato dalla società è cambiato: oggi vengono richieste più abilità pratiche, multitasking e reattività, meno ragionamento astratto.
📱 Tecnologia e overload informativo
L’uso costante di smartphone, social media e contenuti digitali ha ridotto il tempo di lettura profonda, concentrazione e memorizzazione, abilità fondamentali nei test cognitivi classici.
🏫 Cambiamenti nei sistemi scolastici
In alcuni Paesi, il sistema educativo ha visto una diminuzione della qualità o dell’investimento, o una maggiore standardizzazione che penalizza il pensiero critico.
🍔 Stili di vita meno salutari
Sonno ridotto, alimentazione scorretta, aumento della sedentarietà e inquinamento possono ostacolare lo sviluppo cognitivo, soprattutto nei bambini.
🌍 Effetti della disuguaglianza
L’aumento delle disuguaglianze economiche e culturali può creare grandi divari tra gruppi sociali, riducendo l’impatto positivo che l’istruzione e la salute avevano nel Novecento.
È davvero un problema?
Non bisogna farsi prendere dal panico: una leggera flessione nei test di QI non significa che stiamo diventando meno intelligenti. L’intelligenza è un costrutto complesso, che include anche aspetti emotivi, sociali e creativi, non sempre misurati dai test tradizionali.
Tuttavia, il calo dei punteggi può essere un segnale d’allarme: qualcosa sta cambiando nelle condizioni ambientali, culturali o educative. E potrebbe influenzare le nuove generazioni in termini di capacità di concentrazione, pensiero critico e risoluzione dei problemi.
Cosa possiamo fare?
L’Effetto Flynn ci ha mostrato che l’ambiente ha un’enorme influenza sull’intelligenza. Se nel Novecento siamo riusciti a “coltivarla” grazie a scuola, salute e stimoli culturali, oggi dobbiamo chiederci:
Le risposte a queste domande possono determinare il futuro cognitivo delle nuove generazioni.
Conclusioni
a cura di Simona Magni, psicologa clinica, neuropsicologa
Bibliografia
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