Un lungo scoprirsi

Due persone. Si incontrano per la prima volta e scoprono che tra loro c’è una forte attrazione, che li spinge a frequentarsi, conoscersi, innamorarsi. A volte è un colpo di fulmine, altre volte è un percorso lungo, non sempre facile, in cui è indispensabile mettersi a nudo per permettere all’altro di entrare nella nostra esistenza. Altrettanto indispensabile è porsi in ascolto senza pregiudizi per conoscere a fondo l’altro. Una relazione così si nutre d’amore, ma può essere caratterizzata anche da litigi e momenti di stanchezza.

Siamo tutti disposti ad accettare come normale un percorso d’amore di questo tipo. Lo accettiamo se si tratta di una relazione tra adulti, ma se le persone in questione fossero una madre e il suo bambino?

Nell’immaginario collettivo questa relazione sembra che non debba mai essere messa in discussione, subire battute d’arresto e momenti di difficoltà. È l’esatto opposto. La relazione genitore-figlio, in special modo l’amore materno, è idealizzato. Questo porta inevitabilmente ad avere aspettative molto elevate, che però raramente vengono rispettate.

A tutto questo va aggiunto che la relazione tra madre e bambino inizia dopo un evento, il parto, che per quanto meraviglioso e foriero dell’esperienza di una nuova vita, è un evento sconvolgente.

La donna subisce un cambiamento fisico, emotivo e, non ultimo, ormonale molto impegnativo,  a cui segue un periodo di grande impegno, anche fisico. La madre viene per la prima volta messa di fronte al figlio vero, in carne ed ossa e con tutte le sue (molte) esigenze che spazzano via dalla mente il bambino immaginato, quello che ogni madre idealizza durante la gravidanza. La scoperta di un bambino che non corrisponde in tutto e per tutto a quello ideale può portare a momenti di straniamento e scoramento che possono anche far dubitare delle proprie capacità genitoriali.

È importantissimo sapere che esiste un fenomeno naturale, chiamato maternity blues, che riguarda moltissime donne. Si tratta di un disturbo emotivo transitorio, che colpisce nei primi giorni successivi il parto, i cui sintomi sono: pianto, labilità, irritabilità e umore depresso o ansioso. Per questa sintomatologia non è necessaria una cura, ma è indispensabile che le persone che circondano la madre siano comprensive e rassicuranti.

Diverso è quando si parla di depressione post-partum . Colpisce un numero nettamente inferiore di donne ed è caratterizzato da umore basso,  ridotta autostima, disturbi del sonno, ansia (soprattutto per la salute figlio), difficoltà nell’affrontare le situazioni quotidiane. Si manifesta in genere tra i 3 e i 6 mesi del bambino.

In questo caso l’aiuto e la comprensione dell’ambiente circostante diventa indispensabile, ma altrettanto indispensabile diventa l’abilità di chi vive accanto alla donna di comprendere se e quando è necessario chiedere l’intervento di uno specialista.

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