Mamma/papà vado male a scuola…sono stupido? #CHIEDIALMELO

Molto spesso pensiamo che un bambino vada male a scuola perché non ha le capacità per affrontare soprattutto alcune materie scolastiche, o perché “ha le capacità, ma non si applica”. Questi modi di pensare spesso vengono verbalizzati senza accorgersi che i bambini sono attenti ascoltatori di tutto ciò che arriva alle loro orecchie, e possono risentire di tali credenze che non fanno altro che favorire nel bambino stesso demotivazione, sfiducia e poca convinzione.

Questo è vero soprattutto nel caso di bambini che hanno difficoltà a concentrarsi o in alcuni apprendimenti; tuttavia, a volte se messi nelle condizioni adeguate questi stessi bambini possono migliorare di molto le loro performance scolastiche e di conseguenza anche il proprio senso di autoefficacia e l’autostima.

Infatti, non abbiamo tutti lo stesso patrimonio genetico, non siamo cresciuti tutti nello stesso modo e non abbiamo vissuto le stesse esperienze di vita; tutto questo può influenzare il rendimento scolastico, ma invece che vedere la diversità come limite ci si può sforzare di apprezzarla ed andarle incontro. Ogni persona ha i suoi punti di forza e di fragilità, e se è vero che questi possono in età adulta essere valorizzati da percorsi di vita diversi, spesso durante il periodo scolastico – che è molto “uniformato” – in alcuni bambini/ragazzi si creano disagi e difficoltà. Questo porta loro a pensare di essere “stupidi” o ad avere comportamenti inadeguati.

Tale premessa ci porta a considerare due aspetti: il primo è che successivamente al periodo di formazione scolastica (che rimane assolutamente necessario per tutta una serie di motivi che per brevità non discuteremo qui) ognuno può sperimentarsi in base alle proprie caratteristiche creando percorsi di vita personali e non già scritti (basti pensare che Einstein andava male a scuola!); il secondo è che proprio sulla base delle proprie caratteristiche è possibile trovare strumenti e metodi che possano facilitare l’apprendimento.

In particolare, non mi riferisco solo agli strumenti compensativi e dispensativi che vengono messi in atto nel momento in cui un bambino ha difficoltà specifiche (come, per esempio, un disturbo dell’apprendimento – DSA), ma anche e soprattutto al fatto che ogni bambino (DSA o no) ha un proprio stile di apprendimento.

Cosa sono gli stili di apprendimento? Sono modalità di apprendimento che si basano su diversi tipi di percezione ed elaborazione del materiale: vi sono per esempio persone che hanno una preferenza per gli stimoli visivo-verbali (che trarranno beneficio ad esempio dal sottolineare in maniera strategica con diversi colori o da schemi e mappe) e alcune per gli stimoli visivi-non verbali (per cui per esempio possono essere utili l’utilizzo dei colori e di immagini); vi sono poi persone che apprendono meglio da stimoli uditivi (per cui la spiegazione in classe o l’utilizzo di audiolibri sono molto utili) e persone “cinestetiche” che trovano maggior facilità ad utilizzare l’esperienza e il “fare” come modalità di apprendimento. Ognuno di noi mediamente possiede caratteristiche appartenenti a tutti questi stili; tuttavia, laddove emergono difficoltà è possibile sviluppare strategie, strumenti e metodo di studio che si basano principalmente sullo stile preferenziale in modo tale da sfruttare le risorse, senza continuare a sbattere contro le fragilità ma allenarle aggirandole.

È chiaro che scoprire di avere un disturbo dell’apprendimento può creare sentimenti contrastanti, però saperlo è il modo migliore per sviluppare una maggior consapevolezza rispetto alle proprie caratteristiche e quindi per riuscire a trovare la chiave giusta per affrontare le richieste scolastiche; in questo l’aiuto dei genitori e degli insegnanti è fondamentale (oltre che la possibilità di rivolgersi a professionisti del campo). La cosa importante è imparare a capire quali sono le strategie più efficaci per sé e a metterle in atto!!

Inoltre, se parliamo invece di difficoltà di concentrazione è possibile adottare alcuni semplici accorgimenti che possono limitare le distrazioni, come tenere il banco o la scrivania in ordine, l’evitamento dell’ultima fila o il posizionamento in posti con il minor numero di stimoli in classe. Ovviamente questi esempi di strategie comportamentali non sono gli unici metodi, ma è possibile per esempio anche fare percorsi di potenziamento dell’attenzione.

Tutto questo non è stupidità, e non sempre è non voglia e non impegno, ma è un diverso modo di apprendere e capire…in questo percorso è importante il sostegno da parte delle figure di riferimento adulte e degli insegnanti, che devono notare e valorizzare anche e soprattutto i punti di forza e i piccoli successi, permettendo a tutti di sentirsi a proprio agio in modo tale da arginare problemi di natura emotiva e relazionale all’interno del gruppo classe, i quali andrebbero ulteriormente a creare disinteresse, disinvestimento e difficoltà negli apprendimenti.

Quindi l’essere DSA o incontrare delle difficoltà e fatica, non precludono necessariamente la possibilità di successo scolastico, ma è necessario che sia posta attenzione alle caratteristiche del singolo bambino/ragazzo per trovare la giusta modalità di accesso agli apprendimenti!

 

 

A cura di Sara Marchesi,

psicologa clinica di area neuropsicologica, psicoterapeuta in formazione, sessuologa clinica.

 

 

Sitografia:

https://www.anastasis.it/disturbi-specifici-apprendimento/cosa-vorresti-dire-a-compagni-genitori-insegnanti-testimonianza-persona-dsa/

https://spaziotartaruga.it/2018/11/12/vai-male-a-scuola-sei-stupido/

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