La gravidanza inattesa: IVG e vissuti psicologici della donna

Scoprire di aspettare un bambino, quando questo avviene in condizioni poco favorevoli, può essere uno shock e rappresentare un momento molto critico nella vita di una donna.

Una persona , in generale, quando vive un momento di crisi, si trova in uno stato di grande turbamento e dissonanza cognitiva, rispetto al quale è molto vulnerabile a qualunque influenza, sia interna che esterna, che possa aiutarla a stare meglio. Le persone che vivono un momento di crisi hanno meno fiducia in quello che pensano e nella capacità di prendere la decisione giusta. 

Quando una donna in gravidanza, che già di per sé si trova in uno stato di fragilità, deve scegliere se abortire o meno vive una condizione ancora più critica e quindi è più vulnerabile. Dunque, si può trovare a prendere una decisione non rispondente ad una scelta consapevole, che successivamente può provocare gravi sentimenti di rimpianto. Una persona in crisi, infatti, tende a sentirsi stanca, prova sentimenti di profondo sconforto, di inadeguatezza, di confusione, ansia e disorganizzazione, di conseguenza è più probabile che si faccia indietro e lasci che altri prendano la decisione al suo posto.

L’aborto procurato nell’ordinamento italiano deve avvenire prima dei tre mesi dal presunto concepimento e può essere attuato se sussiste pericolo fisico o psichico per la salute della madre. L’I.V.G.., dopo i primi 90 giorni, può essere praticata quando:

  1. la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;

  2. quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.

La legge 194/78 all’art.6 prevede che, oltre il 90º giorno, non sono le accertate “rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro” a legittimare di per sé l’ i.v.g., ma solo il “grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna” che tali accertate anomalie determinano.

All’interno della tematica del lutto perinatale, è compreso anche il tema dell’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Per farlo rientrare in questa categoria, dobbiamo spogliarci dei grandi pregiudizi culturali e sociali, cercando di leggere a fondo i vissuti della donna che l’hanno portata a questa scelta.

L’interruzione di gravidanza è un procedimento complesso e ambivalente: interrompere una gravidanza , pone la donna di fronte a una decisione sofferta, chiama la donna a intervenire su di sé, sul suo corpo, e a modificare un processo in corso, sia fisico che psichico.

E’ un evento che segna in modo grave, accompagnato dal lutto e dalla sensazione di perdita.

Nelle donne e nelle coppie che scelgono questa strada rimane un doppio lutto, di perdita e di scelta di perdita. I vissuti più comuni sono confusione, sconforto, rabbia, senso di colpa e di inadeguatezza. Tuttavia nella maggior parte dei casi questa sofferenza rimane inespressa in quanto non condivisibile per timore del giudizio degli altri (hai scelto tu, adesso cosa piangi? , “potevi pensarci prima”, “pensa alle donne che desiderano un figlio e non possono averlo”).

Molte donne negano la loro sofferenza prendendone le distanze, non pensandoci , allo scopo di auto-curare quel dolore.

Si tende a pensare che chi sceglie di abortire abbia una consapevolezza tale da non provare sentimenti luttuosi e si fatica a comprendere che questa scelta, seppur razionale, è emotivamente sofferta e può essere vissuta come indesiderabile.

Le donne possono sperimentare sensi di colpa che le accompagnano per anni

La gravità delle conseguenze psicologiche sembra quindi dipendere sia dalle cause che hanno spinto la donna all’IVG, come giovane età, difficoltà economiche, situazioni di violenza, ecc, sia da alcuni aspetti individuali, quali lo stato psicofisico, la personalità, ecc., sia ancora da fattori ambientali come la presenza o meno di supporti sociali e la qualità degli stessi.

Chiedere aiuto, fare un percorso di sostegno psicologico è fondamentale per essere aiutate ad elaborare l’evento, e arrivare piano piano a perdonarsi. Spesso si tende ad avere la percezione di sè come cattiva, indegna e non meritevole di stare bene. Tornare ad amarsi, a prendersi cura di sè , vincere i vissuti di stigmatizzazione e vergogna sono il primo passo in questo percorso di cambiamento.

“Non fare della tua mente un campo di battaglia, non dichiarare guerra. Tutto ciò che provi (gioia, dolore, ira, odio) è parte di te. L’opposizione tra buono e cattivo è spesso raffigurata con la lotta tra la luce e tenebre, ma se guardiamo in modo diverso, vedremo che, anche quando la luce splende, le tenebre non scompaiono. Invece di venire cacciate, si fondono con la luce. Diventano luce”

Thich Nhat Hanh

 

a cura di Debora Comi, psicologa psicoterapeuta, specializzata in ambito perinatale

Per info :

psicologia@centroilmelograno.it

 

Bibliografia:

Ravaldi C. “La morte in-attesa”, 2015

T. Cantelmi* , C.Cacace : interruzione volontaria di gravidanza: quali effetti sulla psiche della donna?

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