COME TI SINTONIZZO I GENITORI: ISTRUZIONI PER L’USO

 


Sono una psicologa clinica e psicoterapeuta del bambino e dell’adolescente, mi occupo di consulenze e valutazioni psicologiche rivolte a bambini e adolescenti, e di percorsi di supporto psicologico a bambini, ragazzi e coppie genitoriali. La mia attenzione è sempre rivolta a riconoscere e mobiltare le risorse di ogni genitore e di ogni bambino/ragazzo, rispettando l’unicità e le possibilità creative di ognuno: penso infatti che ogni percorso sia una scoperta reciproca e un’occasione per trovare il proprio modo di di “crescere” indipendentemente dall’età,  con uno sguardo attento e accogliente.

 QUALI SONO LE FATICHE Più FREQUENTI DEI GENITORI DI OGGI?

Ci sarebbe tanto da dire, ma riflettendo sulla mia esperienza, la fatica più grande che incontro è quella di assumere la funzione di “regolatore” delle emozioni del figlio, soprattutto di quelle più esplosive. In un mondo in cui le agende di tutti straripano di incastri, sembra non ci sia tempo per provare ad assolvere a questa funzione, con il risultato che essa venga spesso delegata ad altri sistemi: la scuola, gli allenatori sportivi, i corsi più vari, nella speranza che impegnare il tempo di un bambino in attività strutturate possa fargli imparare ad auto-controllarsi e ad affrontare le sfide imprevedibili del crescere. Purtroppo, per quanto tutte le figure educative con cui il bambino viene in contatto siano importanti, non possono sostituirsi al più prezioso strumento di apprendimento: la RELAZIONE con i suoi genitori. Il miglior insegnante, l’educatore più paziente, l’allenamento più strutturato non potranno mai sostituirsi al ruolo di guida e di “contenitore” emotivo che una mamma e un papà possono avere per un figlio, e quando ci si dimentica di questo succede che si genera un sovraccarico di aspettative e di ruoli che lascia, alla fine, delusi e spaesati.

Già, ma come si fa? Non è semplice…allora proviamo a fermarci, facciamo un passo indietro e poniamo la base da cui partire: lo STARE in relazione. I genitori, in questo terreno, hanno a disposizione uno strumento speciale: la SINTONIZZAZIONE EMOTIVA.

 

COSA SIGNIFICA “SINTONIZZARSI”?

Sintonizzarsi con il proprio figlio significa “sentire ciò che sente”, riuscire a connettersi con l’emozione che lo muove mentre, ad esempio,  si butta a terra piangendo o si chiude in camera sbattendo la porta. Questo si può e si deve provare a fare, perchè un bambino si sente sicuro solo quando sperimenta di essere pensato dal genitore.

Si potrebbe dire che una mamma e un papà possono essere uno specchio per i loro figli: è infatti attraverso lo sguardo del genitore che il bambino apprende che cosa significa sentirsi tristi, arrabbiati, spaventati o eccitati, e impara dalle sue reazioni e dalle sue parole a riconoscere cause e conseguenze delle emozioni che prova.

Sembra facile, detta così, e invece non lo è. Molto dipende dalle esperienze che voi stessi avete fatto da piccoli, con i vostri genitori, e dagli stili di relazione e di adattamento che avete imparato. Provare ad aprire il “vaso di Pandora” dei vostri ricordi può sembare difficile e inutile soprattutto se si cercano risposte facili e standard, ma è lì che si trova la chiave per trovare le vostre risorse, da mobilitare con vostro figlio.

 

“SINTONIZZARSI” SIGNIFICA ESSERE GENITORI COMPRENSIVI CHE NON DICONO MAI DI NO?

Assolutamente no, anzi! Dare senso alle esperienze del bambino e alle sue reazioni emotive, non significa lasciargli esprimere ciò che sente senza dare dei limiti. Al contrario, è necessario fare da FILTRO: riconoscergli come si sente, ma poi fornirgli un limite chiaro e COERENTE da non oltrepassare. Dare valore alla rabbia che un bambino prova, ad esempio, di fronte al compito di matematica che proprio non vuole fare, significa riconoscergli la fatica e la frustrazione, l’ansia di non farcela, ma rimanere fermi al suo fianco e fornirgli un’alternativa di sfogo alla fine dell’esercizio. Questo, nel caso dell’esempio, aiuta il bambino a sentire che si può sopravvivere alla rabbia più cieca, che gli altri possono “sentirla con lui” senza lasciarsene invadere, e che per contenerla serve un allenamento a tollerare la frustrazione di non avere “tutto e subito”.

 

PERCHE’ PARLARE DI REGOLAZIONE EMOTIVA AI GENITORI?

Perchè, nel mio lavoro con i genitori e le famiglie mi accorgo di quanto sia difficile per una mamma e un papà accogliere e dare significato ai comportamenti dei loro figli, riconoscere i bisogni profondi che si nascondono dietro agli atteggiamenti disturbanti che, ad esempio, li fanno correre ai colloqui a scuola. Vedo mamme e papà affaticati e sovraccaricati di aspettative, spesso preoccupati di non essere mai abbastanza: mai abbastanza presenti, informati, sportivi, alla moda…e la lista è lunga.

Vorrei così invitare i genitori a riflettere, a incuriosirsi nei confronti di un tema che riguarda i nostri bambini e ragazzi e che sollecita non poco gli adulti: come si impara a riconoscere e regolare le emozioni? Si tratta di una capacità che si acquisisce in modo autonomo, che “si fa da sè”?

 

CHE COSA SI INTENDE PER “REGOLAZIONE EMOTIVA”?

A tutti noi, bloccati nel traffico il lunedì mattina capita di sentirci sopraffatti dalla frustrazione. E quante volte vi sarà capitato, dopo l’ennesima delusione, di sentirvi invasi da una tristezza che vi appesantisce? Pensate per un momento a come reagite a queste sollecitazioni emotive, e chiedetevi come avete imparato a farvi fronte…se vi concedete il tempo di farvi questa domanda, senza giudizio e senza il desiderio di trovare subito una risposta, potrete aprire un canale di comunicazione più autentico, e provare a mettervi nei panni di vostro figlio.

 

PERCHÉ LA QUALITÀ DELLA RELAZIONE GENITORE-FIGLIO È IMPORTANTE NELLO SVILUPPO DELLA REGOLAZIONE EMOTIVA? 

Perchè è solo nella relazione che una persona sperimenta di esistere, impara a pensare e a “sentirsi” in rapporto ad un altro che lo riconosce.

Nella relazione con i genitori, il bambino impara dei veri e propri schemi di regolazione emotiva, cioè dei modi precisi di sentire le emozioni e di esprimerle: il fine ultimo di questo apprendimento è imparare il modo che “funziona” meglio per tenere il genitore vicino e per assicurarsi che il suo “radar” sia acceso. Ogni genitore ha il proprio “radar”, più sensibile ad alcuni segnali e meno ad altri: ad esempio, ci sono mamme che si attivano molto sulla frequenza della paura che il proprio bambino possa non farcela in varie situazioni, oppure ci sono papà il cui radar si “accende” sulla frequenza della rabbia, per cui non sopportano gli scoppi d’ira del figlio e basta un suo capriccio per farli “scattare”. Vostro figlio metterà quindi in atto la strategia di regolazione più efficace e più appropriata per mantenere vivo il rapporto con voi, a costo di portarvi all’esasperazione attivando proprio il vostro punto più sensibile.

Ecco perchè è importante, nel mio lavoro con mamme e papà, aiutarli a riconoscere il proprio stile emotivo: è quella la via di accesso per capire le dinamiche di relazione con i figli e poterle trasformare quando sono troppo faticose.

 

FACCIAMO QUALCHE ESEMPIO

Alcuni bambini sembrano affettivamente bloccati, non mostrano apertamente né disagio alla separazione né piacere alla riunione con il genitore, e ciò perchè hanno appreso che per garantirsi la sua vicinanza affettiva devono evitare di manifestare le proprie emozioni più intense, come la rabbia, la paura o l’angoscia. Questi bambini hanno percepito che ciò incontra reazioni di “rifiuto” nel genitore, che non sa come gestire le emozioni più intense e tende a svalutarle, così la loro strategia di regolazione emotiva sembra essere: “la mamma starà con me se eviterò qualsiasi trambusto”.

Altri bambini tendono, al contrario, a esprimere le emozioni in modo esplosivo e dirompente. Spesso tali bambini hanno reazioni di spavento o di collera che sembrano sproporzionate rispetto alla situazione oggettiva. Si tratta di un tentativo di “attivare” emotivamente un genitore spesso disponibile “a intermittenza” o in modo imprevedibile (si pensi al nostro essere presenti “a spot”, tra una notifica di whatsapp e una telefonata di lavoro). In questo caso, la strategia di regolazione delle emozioni è quella di uno stato di perenne allerta, così faticosa per il bambino/ragazzo e per tutto il sistema familiare.

 

PER CONCLUDERE, CHE DIRE?

Si può dire che le difficoltà emergono soprattutto quando un genitore sottovaluta o sopravvaluta i segnali emotivi del figlio: quando, cioè, più che sintonizzarsi con i segnali di quest’ultimo e con i suoi bisogni, rimane concentrato sulla propria “frequenza”, rappresentata magari dal senso di colpa o dal desiderio che il proprio bambino appaia “capace”. La comunicazione tra genitore e figlio, così, diventa bloccata e ripetitiva, e non c’è modo di ascoltarsi davvero. Tutto questo avviene in modo inconsapevole, perchè a sua volta il genitore da bambino ha imparato uno schema di attivazione e regolazione emotiva, che si aziona ora in automatico. Perciò è importante ricordare che non c’è nessuna colpa se non ci si riesce a sintonizzare con il proprio figlio, non c’è una regola generale per farlo. Ogni rapporto è unico e va curato in modo peculiare, con pazienza, perchè può diventare una palestra di crescita oppure un campo minato che genera ferite. Non sempre è possibile disinserire il “pilota automatico” e capire in che direzione andare, ma, a volte con l’aiuto di uno sguardo in più, si possono recuperare le coordinate.

Per saperne di più: http://www.stateofmind.it/2015/09/attaccamento-regolazione-emotiva/

 

dott.sa Martina Nava 

Psicologa clinica, psicoterapeuta specializzanda in Psicoterapia psicoanalitico-relazionale del bambino e dell’adolescente presso l’Istituto PSIBA di Milano

 

 

 

 

 

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