BULLISMO: QUALI SONO GLI EFFETTI A LUNGO TERMINE?

Il tema delle prepotenze è sicuramente di origine antica.

Negli anni 70, Dann Olweus ha condotto alcune ricerche in Norvegia, iniziando a delineare il fenomeno giungendo alla definizione:

Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni. Un’azione viene definita offensiva quando una persona infligge intenzionalmente o arreca un danno o un disagio a un’altra” (Olweus, 1993).

In Italia nel 1995 Ada Fonzi, in un articolo, denunciò la forte presenza del fenomeno nel nostro paese. Da quel momento la tematica ha avuto grande risonanza, suscitando molto interesse e tanti malintesi.

Pochi anni dopo incominciai ad interessarmi alla tematica e da allora ho lavorato nelle scuole con bambin* e ragazz*, insegnant*, i genitor* e personale scolastico.

Tutto partì con una ricerca intervento all’Istituto Comprensivo di Villasanta (MB)…

Sono passati quasi 20 anni e tuttora il bullismo è sotto i proiettori della scuola, delle famiglie e della cronaca.

Insegnanti e genitori hanno chiesto maggiori informazioni e strumenti per intervenire. Sono state organizzate giornate di studio, corsi di aggiornamenti e si sono fondate associazioni che intervengono in questo ambito.

I dati delle ultime ricerche possano aiutarci ad avere un’idea più chiara della portata di questo problema sociale.

Il bullismo continua a essere una minaccia reale, lo raccontano i dati raccolti dall’Osservatorio indifesa realizzato da Terre des Hommes e OneDay, con l’aiuto di ScuolaZoo e delle sue community, che ha coinvolto più di 1700 ragazzi e ragazze dai 14 ai 26 anni in tutta Italia.

1 adolescente su 2 ha subito atti di bullismo e, insieme al cyberbullismo, i due fenomeni sono tra i principali rischi percepiti dagli adolescenti. I commenti raccolti dalla survey denunciano anche il profondo dolore provato da ragazzi e ragazze per discriminazioni a causa dell’orientamento sessuale, offese razziste, bodyshaming, atti di denigrazione, violenza incitazione al suicidio.

Anche Il Ministero dell’Istruzione pochi mesi fa ha reso noti i dati della piattaforma ELISA su bullismo e cyberbullismo.

Ecco quanto emerso:

  • il 22,3% degli studenti e delle studentesse delle scuole superiori è stato vittima di bullismo da parte dei pari (19,4% in modo occasionale e 2,9% in modo sistematico);

  • il 18,2% ha preso parte attivamente a episodi di bullismo verso un compagno o una compagna (16,6% in modo occasionale e 1,6%in modo sistematico);

  • l’8,4% ha subito episodi di cyberbullismo (7,4 in modo occasionale e 1% in modo sistematico);

  • il 7% ha preso parte attivamente a episodi di cyberbullismo (6,1% in modo occasionale e 0,9% in modo sistematico)

Le conseguenze del bullismo non riguardano solo bull* e vittime, ma anche tutte le persone che vi assistono e fanno parte dei contesti familiari o educativi in cui il bullismo viene messo in atto.

L’aver sperimentato situazioni di prevaricazione, indipendentemente dal ruolo assunto, costituisce un fattore di rischio rispetto al possibile svilupparsi di diverse tipologie di disturbi, sia nel breve che nel lungo termine.

  • Tra le principali conseguenze psicologiche a breve termine si rilevano: disturbi psicosomatici, problemi riguardanti l’autostima, difficoltà di concentrazione con conseguente calo del rendimento scolastico, abbandono scolastico, disturbi d’ansia, sintomi depressivi, vissuti di solitudine ed emarginazione.
  • Gli effetti a lungo termine del bullismo, soprattutto nei casi in cui gli episodi abbiano una durata protratta a lungo nel tempo, sono di notevole impatto. Sia nel caso delle vittime che dei bull*, sembra essere significativamente maggiore l’insorgenza in età adulta di disturbi depressivi e di ansia, disturbi del comportamento alimentare, dipendenze o abuso di sostanze e disturbi antisociali.

Ecco la testimonianza di S.

La verità è che ho paura di tutto. Paura di soffrire ancora, di stare ancora male, di qualcuno che magari anche se non lo fa apposta dice qualcosa che mi fa ritornare a come mi sentivo quando ero in classe.

Mi sentivo malissimo…persone che fino ad una settimana prima mi parlavano che non mi guardavano neanche in faccia e le poche volte che provavo a chiedere se fosse successo qualcosa mi rispondevano di no.

La prima volta che è successo avevo appena compiuto 12 anni e mi sono sentita come se fosse colpa mia: ecco, anche se adesso ho 20 anni, dentro mi sento come se ne avessi 12.

E non solo per la colpa, adesso so che non è così, ancora oggi la cosa grave è che non riesco più a stare bene con me stessa, ma mi vedo quasi sempre come mi vedevano loro, gli altri.

Non riesco a perdonarmi quando faccio un errore, quando sbaglio qualcosa: so che pretendo troppo da me stessa, ma faccio tanta fatica a cambiare, a togliermi l’armatura che ho tenuto per troppi anni.

Ho paura che sarà così per sempre, che mi sentirò sempre come la “diversa”, quella che tanto lì non c’entra niente.

Ho paura di mandare tutto all’aria, di non riuscire a realizzare i miei progetti ed i miei sogni solo perché sono troppo stanca, perché ho lavorato tanto e sopportato tanto.

E sono arrabbiata, perché anche se provo ad accettare quello che è successo in questi anni, i pensieri e le sensazioni che avevo quando ero in classe sono rimaste: di non valere niente, di non andare mai bene.

Per tutto questo tempo, dalle medie in poi ho imparato ad indossare una maschera per non soffrire ancora.

Mi vedevo davanti ragazze che avevano tutto quello che avrei voluto avere io: si vedeva che stavano bene con le loro compagne, ridevano e scherzavano come se niente fosse, che erano serene a scuola.

Io no; quando ho incontrato delle persone migliori nell’ultimo liceo la cosa è molto migliorata, ma in fondo in fondo quando ero a scuola avevo sempre tanta paura che da un momento all’altro la situazione cambiasse.

Ormai è tutto automatico.

La paura che mi risucceda è diventata automatica, che qualcuno veda le mie fragilità, il pensiero che non mi libererò mai da questo peso, che non troverò mai il mio equilibrio è automatico.

E poi c’è la rabbia, che è comunque legata alla paura di non farcela: è come se mi volessi prendere delle rivincite, dimostrare al mondo che non mi hanno fatto niente, che tanto io sono sopravvissuta lo stesso e che di loro neanche mi ricordo più, anche se non è così.

Mi sento come se fossi rinchiusa in una prigione che vedo solo io e da cui non riesco a uscire: adesso potrei essere libera, potrei fare quello che voglio eppure non ci riesco.”

Grazie S. per il tuo coraggio, anche quando le parole facevano fatica a trovare la strada.

A cura di Lorenza Magni, Psicologa Psicoterapeuta

Per informazioni scrivere a psicologia@centroilmelograno.it

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    Ciucci, E., Fonzi, A. (1999). La grammatica delle emozioni in prepotenti e vittime. In Fonzi, A., (a cura di), (1999), Il bullismo. Studi e ricerche sui correlati psicologici del bullismo, Giunti, Firenze,
    Olweus, D. (1996). Bulli. In Psicologia contemporanea, n. 133, 1996, pp. 23-28.

    Olweus, D. (1996). Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Firenze.

    Olweus, D. (1993). Il bullismo. Giunti, Firenze

     

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