“Una perla è un tempio costruito dalla sofferenza intorno a un granello di sabbia”
Khalil Gibran
Gli ultimi due anni sono stati particolarmente faticosi e impegnativi per i bambin*, i ragazz* ma anche per noi adult*.
La pandemia/sindemia ha alterato le nostre routine quotidiane e il funzionamento della famiglia, ha portato alla chiusura delle scuole e ha limitato drasticamente le interazioni sociali.
Le nostre vite sono cambiate bruscamente così come sono cambiati i modi in cui abbiamo educato, arricchito e intrattenuto bambin* e ragazz*.
Abbiamo visto i più piccoli interiorizzare che la vicinanza fisica era pericolosa e i più grandi hanno perso le connessioni con i coetanei e la struttura attorno a cui erano costruite le loro vite.
Come i minori, anche noi adult* abbiamo dovuto affrontare diversi fattori di stress legati a questo biennio.
Proprio nel momento in cui sembrava andare meglio, la notizia dell’invasione dell’Ucraina.
Che cos’è che ci permette di reagire di fronte alle piccole e grandi situazioni di sofferenza che quotidianamente siamo costretti ad affrontare?
Che cosa fa sì che due Persone, poste nella medesima condizione, reagiscano con modalità differenti a tali sofferenze?
La resilienza.
Ho incontrato questa parola all’università e me ne sono innamorata perché rappresenta un cambiamento di paradigma nella storia della psicologia.
AI suoi albori la psicologia ha adottato un modello medico dedicandosi alla cura delle differenti patologie.
Nella seconda metà del 900 a seguito della diffusione di nuovi approcci quali: la psicologia umanistica prima e la psicologia positiva poi, si è assistito all’instaurarsi di un nuovo paradigma.
Un cambiamento di ottica che ha indotto gli psicolog* a focalizzare le proprie ricerche sulle parti sane dell’individuo, sulle risorse e ad elaborare metodologie per svilupparle.
Si è assistito quindi ad un passaggio dalla cura della malattia alla promozione della salute.
Pioniere furono a partire dal 1955 Emmy Werner e Ruth Smith che condussero una ricerca longitudinale su 698 neonat* dell’isola Kauai (Hawaii).
Questi neonat* per la psicologia classica avevano tutti i prerequisiti per una prognosi di disagio psichico o sociale, in quanto esposti a diversi fattori di rischio (nascita difficile, povertà, famiglie con problemi di alcolismo, malattie mentali, aggressività etc.).
Contraddicendo le previsioni, un terzo di questi bambin*, erano riusciti in età adulta a migliorare la loro condizione di vita ed erano diventati adult* in grado di avviare relazioni stabili, che si impegnavano sul lavoro e si prodigavano per gli altri.
Il riscontrare in queste Persone una possibilità di miglioramento ha aperto un ambito di studi sulla conoscenza di quei fattori di protezione che possono favorire uno sviluppo adeguato.
Comprendere cosa aveva reso resilienti quei settantadue bambin*, consenti di spostare l’ottica dall’analisi dalla vulnerabilità alle risorse individuali, famigliari e di comunità che consentono di poter vivere l’esperienza avversa come occasione di crescita personale.
Il termine resilienza per come ha iniziato ad essere usato in psicologia è in realtà una metafora di un fenomeno misurabile in fisica, ovvero dell’attitudine di un corpo a resistere senza rotture in seguito a sollecitazioni esterne brusche o durature di tipo meccanico.
Ora connota proprio la capacità delle Persone di far fronte agli eventi stressanti o traumatici e di riorganizzare in maniera positiva la propria vita dinanzi alle difficoltà.
Non è quindi solo la capacità di resistere, ma anche di “ricostruire” la propria dimensione, il proprio percorso di vita, trovando una nuova chiave di lettura di sé, degli altri e del mondo, scoprendo una nuova forza per superare le avversità.
Desidero evidenziare che essere resilienti non significa essere individui invulnerabili, inaccessibili alle emozioni, alla sofferenza.
La Persona resiliente non è un super eroe, ma solo una Persona comune dotata di molte qualità che possono essere presenti in misura diversa durante l’arco della vita.
Riassumendo:
La resilienza è una capacità comune, non straordinaria.
Essere resilienti non vuol dire non sperimentare difficoltà o stress.
È costituita da emozioni, pensieri e comportamenti che è possibile apprendere e sviluppare.
È un processo dinamico che varia in differenti contesti.
Le qualità resilienti sono presenti in misura diversa in ognuno di noi fin dalla nascita.
Possono essere potenziate durante l’arco di vita.
Anche per le persone dotate di qualità resilienti, possono esserci momenti e situazioni troppo faticose da sopportare per cui è necessario o auspicabile chiedere aiuto.
La resilienza individuale si intreccia con quella familiare e quella comunitaria.
Per organizzare le numerose qualità resilienti individuate nel corso degli anni da differenti studiosi, Burns ha individuato quattro macroaree.
Area dell’autonomia
Autostima: come valutiamo noi stess* che è il risultato di cosa pensiamo di noi di noi stess* e di cosa pensano gli altr* di noi.
Autoefficacia: intesa come sicurezza nella propria capacità di risolvere i problemi, sicurezza che deriva dalla conoscenza dei propri punti di forza e di debolezza.
Locus of control interno: tendenza a interpretare i risultati e gli effetti delle proprie azioni come determinate da noi e non da forze esterne.
Indipendenza: saper agire in base ai propri valori e ai propri obiettivi senza farsi condizionare dall’accettazione e dal giudizio altrui.
Motivazione: rimanda all’idea dell’essere capaci di trovare nelle risorse interne ed esterne la spinta ad agire.
Area del problem solving
Pensiero critico: consiste nella capacità di osservare la realtà individuando i potenziali ostacoli e le potenziali risorse, così come analizzare aspetti positivi o negativi della propria personalità, stabilire la fattibilità dei propri obiettivi e riconoscere la funzionalità o disfunzionalità di alcuni comportamenti.
Pensiero creativo: consiste nel saper produrre idee e punti di vista nuovi, così come avere delle buone capacità intuitive e immaginative.
Progettualità: non consiste soltanto nell’individuare e porsi degli obiettivi, ma anche e soprattutto nel saper individuare le giuste strategie per raggiungerli.
Area delle abilità sociali
Responsabilità: vale a dire essere un soggetto attivo nella comunità, partecipare così come assumersi le conseguenze delle proprie azioni.
Flessibilità: sapersi confrontare, saper negoziare senza prevaricare.
Empatia: entrare in contatto con le emozioni dell’altro, “come se” fossero le proprie. Chiaro che per essere empatici bisogna avere una buona consapevolezza del proprio mondo emotivo.
Abilità comunicative: rimanda alla capacità di entrare in relazione con l’Altro, comprendere sentimenti ed emozioni, ascoltare in modo partecipe e saper essere assertivi.
Senso dell’umorismo: inteso come capacità di mantenere il sorriso di fronte alle avversità.
Area dei propositi
Chiarezza di obiettivi: avere consapevolezza degli obiettivi che si vogliono raggiungere in base alle proprie potenzialità e ai propri desideri.
Aspirazioni formative: avere il desiderio di aumentare le conoscenze e le competenze.
Aspettative: attese realistiche di realizzazioni di progetti.
Tenacia: persistenza negli impegni.
Speranza: fiducia nel futuro ed entusiasmo.
L’American Psychological Association (APA) ci offre dei suggerimenti per costruire la resilienza:
Crea rapporti
Evita di percepire le crisi come problemi insormontabili
Accetta il fatto che i cambiamenti fanno parte della vita
Agisci per raggiungere gli obiettivi
Cerca occasioni per scoprire te stess*
Nutri una visione positiva di te stess*
Considera gli eventi nella giusta proporzione
Mantieni una visione ottimistica
Prenditi cura di te stess*
Come possiamo migliorare la nostra Resilienza Individuale?
Nella ricerca della strategia più idonea per migliorare il proprio livello di resilienza può essere d’aiuto focalizzare l’attenzione sulle esperienze del passato cercando di individuare le risorse che rappresentano i punti di forza personali.
Un modo è quello di cercare di fornire risposte a queste semplici domande:
Quali eventi sono risultati particolarmente stressanti per me?
In quale maniera questi eventi mi hanno condizionat*?
Nei momenti difficili ho trovato utile rivolgermi a persone per me significative?
Nei momenti difficili quanto ho appreso di me stess* e del mio modo d’interagire con gli altri?
È risultato utile per me fornire assistenza a qualcun* che stava attraversando momenti difficili come quelli da me sperimentati?
Sono stat* capace di superare le difficoltà, ed eventualmente in che modo?
Che cosa mi ha consentito di guardare con maggiore fiducia il mio futuro?
Dobbiamo imparare ad agire come l’ostrica perlifera che fabbrica tanta bellezza proprio a causa di un evento spiacevole.
Quando all’interno della conchiglia entra un corpo estraneo, lo riconosce, le crea fastidio, irritazione e non sa come espellerlo dal suo guscio. Si agita e cerca di trovare soluzioni per allontanarlo ma senza successo. Allora la natura meravigliosa decide di trasformare un disagio in una grande ricchezza. L’ostrica avvia un lungo lavoro di trasformazione e inizia a rivestire il corpo estraneo di un composto luminoso e liscio.
L’ostrica ci insegna che davanti a una difficoltà bisogna reagire con coraggio e lavorare per trasformare la difficoltà in opportunità.
A cura di Lorenza Magni, Psicologa Psicoterapeuta
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Bibliografia
Werner, EE e Smith, RS (2001) I viaggi da infanzia a Midlife: Rischio, resilienza e recupero da Emmy E. Werner e Ruth S. Smith. New York, NY: Cornell University Press
Burns, E. T. (1996). From risk to resilience: A journey with herart for our children, our
future.Dallas (TX): Marco Polo.
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