“MAMMA PERCHE’ NON POSSO CHIAMARMI ALESSANDRO? – L’IDENTITA’ DI GENERE IN ETA’ EVOLUTIVA #CHIEDIalMELO

Nei primi tre anni di vita di solito i piccoli vivono la maggior parte del loro tempo a stretto contatto con la mamma e le dinamiche che sorgono tra i maschi e le femmine rispetto a tale rapporto sono diverse. Gli studiosi (Chodorow, 1974) segnalano che le bimbe si identificano nella madre e vivono lo sviluppo della loro identità attraverso l’attaccamento, mentre i maschi si differenziano dalla madre (con la quale qualsiasi tipo di intimità tende a minacciare la propria mascolinità) identificandosi invece col sesso maschile.

Oggi è ampiamente riconosciuto che gli individui vivono relazioni familiari altamente complesse all’interno delle quali i bambini e le bambine sono inseriti/e già dalle primissime fasi della vita. Una delle conseguenze a cui stiamo assistendo è la sempre maggiore vastità dei processi di identificazione e contro-identificazione.

Vi starete chiedendo cosa significa….

Significa che forse oggi è sempre più complesso il processo per cui un bambino si identifica con un fiocco Rosa o Azzurro.

Immaginatevi un giorno in auto a cercare di uscire dal parcheggio della scuola elementare di vostra figlia, dopo aver finito tutti i santi del calendario per cercare di non graffiare l’auto o di non investire nessuno….

E vostra figlia di 7 anni comodamente seduta sul sedile posteriore esordisce con:

Mammaa!!!Perché non posso chiamarmi Alessandro???

Ecco per prima cosa NON INCHIODATE!!!!!

Teniamo innanzitutto presente delle nozioni base circa la Disforia di Genere in età evolutiva (perché è di questo che stiamo parlando tecnicamente) che presenta delle specifiche caratteristiche, alcune simili a quelle dell’adulto:

  • affermazioni da parte del bambino o della bambina di essere del sesso opposto;
  • preferenza ad indossare gli abiti del sesso opposto;
  • preferenza verso giochi che prevedono uno scambio di ruolo;
  • preferenza a giocare con dei giochi destinati all’altro sesso;
  • desiderio di essere dell’altro sesso;
  • sviluppo di emozioni negative verso i propri genitali;
  • rifiuto attivo verso giochi ed attività destinate al sesso di appartenenza.

E se per caso voleste avere delucidazioni dalla vostra bambina, attente perché la spiegazione potrebbe essere questa:

“Mamma, io ho detto alle mie amiche che da oggi mi chiamo Alessandro e loro mi hanno detto che sono omosessuale e che non vogliono più giocare con me, ma io voglio chiamarmi Alessandro???!!!!!!!!

Eccoci…. Prima reazione su cui tutte conveniamo sarebbe … “Macheccaaaaaaa…..”

Poi grazie agli anni di Santità raggiunti grazie all’essere donne e mamme … arriva la squadra dei neuroni che mette in pausa in pensieri per cercare una risposta che possa essere sufficientemente adeguata…. Anche se diciamola tutta avremmo preferito domande tipo “mamma posso stare a casa oggi da scuola?!!”

La prima cosa da fare è quella di documentarsi efficacemente, sia per rinnovare le informazioni possedute, sia per cercare di far fronte alle possibili domande che vostro figlio porrà conseguentemente alle vostre spiegazioni. In secondo luogo, cercate di osservare se nei vostri pensieri esiste una forma di pregiudizio, che potrebbe ripercuotersi in maniera poco positiva su vostro figlio.

Restate serene e iniziate facendo presente che è una questione che parla di quello che ci piace e che sentiamo dentro il cuoricino, evidenziando che la scelta di ogni relazione dipende da una preferenza naturale, e che non ce n’è una giusta o sbagliata e che quindi sono possibili rapporti tra   uomo-donna, ma anche tra uomo-uomo, donna-donna,. Fondamentale è accogliere cosa ci sta portando nostra figlia/o e concentrarsi sull’educazione all’ascolto e al rispetto di sé e dell’altro che tutela da convinzioni erronee che rischierebbero poi di alimentare la dimensione del pregiudizio.

Questa modalità di ascolto/confronto potrebbe favorire il consolidarsi dell’idea di base che OGNI PERSONA E’ UNICA E HA UN SUO PROGETTO DI VITA.

E ora veniamo a noi ……. Che cosa rispondereste?

Risposta possibile: Lo so come ci si sente male quando qualcuno ti dice che non vuole più giocare con te. Mi dispiace tanto per quello che è successo e perché loro ti hanno ferita così tanto. E’ veramente brutto quando le persone si dicono cose come questa. Vuoi dirmi come ti senti?

Un altro step importante sarà anche capire le idee che frullano nella testolina del bambino/a e, se necessario, condurle attraverso il confronto al dialogo privo di tabù.

Tra le altre cose, risulta fondamentale chiarire che avere atteggiamenti maschili o femminili non ha nulla a che vedere con la sessualità di una persona, rimuovendo dalla loro testa questi possibili equivoci. Lasciate liberamente giocare i piccoli con quello che vogliono, senza censurare il loro istinto, altrimenti registreranno in quest’azione un comportamento discriminatorio che applicheranno al loro vissuto. E se gli altri bambini li scherniscono, spiegate chiaramente, che chi li deride ha solo difficoltà a capire cosa sta succedendo e forse reagisce male proprio perché non si è confrontato con la sua mamma o col suo papà (rinforzando e rinnovando così la vostra disponibilità all’ascolto e all’apertura).

La DG nell’età evolutiva è un tema molto complesso perché anche se un bambino o una bambina mostrassero tendenze tipicamente assimilabili alla DG, potrebbero non manifestarle nell’età adolescenziale o adulta e, dunque, c’è da prestare molta attenzione al fattore temporale.

Ricordiamoci dunque che magari siamo in una fase di passaggio, non diagnosticata ed etichettata per il resto della vita.

Cari Mamme e papà ……. l’argomento è davvero vasto e complesso, perciò nel dubbio  #ChiediMelo!

a cura di Alessandra Borrello Psicologa, Psicoterapeuta

 

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