Fin dalla gravidanza l’elemento sonoro/musicale (il battito cardiaco, il flusso sanguigno, il respiro, i rumori intestinali, la voce stessa della mamma…) viene percepito dal feto in forma tattile-pressoria attraverso le pareti dell’utero, come una sorta di massaggio e successivamente grazie anche al sistema uditivo che inizia a funzionare.
Questo “bagno di suoni” filtrati dal liquido amniotico mette in stretta connessione la diade mamma/bimbo e permette a quest’ ultimo di costruire così il proprio primordiale funzionamento mentale, andando a percepire sensazioni di piacere, quali amore, sicurezza, serenità, ma anche di dispiacere, come rabbia, tensione, preoccupazione…
Questo perché il neonato e presumibilmente anche il feto in utero (almeno negli ultimi due mesi) possiedono una capacità innata – che D. Stern definisce percezione amodale – che consente di ricevere le informazioni in una modalità sensoriale e di tradurle in altre modalità sensoriali. Questo tipo di interazione che ha origine nel grembo materno e che continuerà anche nei primi mesi di vita, sta alla base delle sintonizzazioni affettive e rimarrà impressa nella memoria psicocorporea inconscia.
Ognuno di noi non può fare a meno di sentire nella propria anima un’attivazione interiore per ogni sapore, ogni odore: non c’è suono, non c’è colore che non trasmettano un messaggio; tutto parla, e in un modo a cui ogni individuo sente di rispondere con la propria mobilità interiore, ricca di memoria psicocorporea.
E’ evidente quindi che esiste fra madre e figlio un legame prenatale costituito dai suoni che fa del neonato un essere cosciente della realtà, dotato di un’intenzionalità comunicativa e di un primitivo nucleo del Sé (F. Fornari).
La comunicazione materna in epoca fetale sembra infatti incentivare anche l’apprendimento di vocaboli a 10 mesi di vita e risulta altresì importante per l’acquisizione di alcuni fondamentali prerequisiti del linguaggio quali il gesto di indicazione e il ricorso all’adulto a 18 mesi di età.
Rispetto all’ importanza della voce della mamma, che il bambino sa distinguere da tutti gli altri suoni che percepisce, possiamo citare gli studi di Alfred Tomatis, otorinolaringoiatra che svolse numerose ricerche sulla comunicazione tra il feto, la madre e il mondo esterno. Egli dimostrò che il primo linguaggio in assoluto è proprio “l’intima comunicazione tra madre e feto”, che ha inizio con l’empatia in grembo e che la voce materna costituisce “l’impasto sonoro” sul quale si modella il linguaggio del nascituro.
La fase prenatale assume così funzione di precognizione di quella postnatale e aiuta il neonato a trovare delle proprie strategie di interazione e adattamento con l’ambiente/realtà che vive (S. Guerra Lisi).
Dopo la nascita la maturazione dell’individuo continua ad avvenire attraverso processi interpersonali e non soltanto grazie all’appagamento di bisogni primari o il soddisfacimento di impulsi e desideri. La voce materna in primis è in grado di offrire al neonato una vera e propria nutrizione vocale/affettiva che lo stesso Tomatis ha definito di pari importanza rispetto alla poppata.
Attraverso le risposte vocali e le proposte sonore della madre inoltre, il neonato riceve messaggi di accettazione e conferma, che contribuiscono a costruire le basi dell’attaccamento. La comunicazione sonoro/musicale tra madre e bimbo, fatto di vocalizzi, voce cantata, gestualità, sguardi e intense espressioni facciali, favorisce infine la sintonizzazione, ovvero la comprensione e la condivisione del mondo emotivo del bambino da parte della madre.
L’esperienza sonora fa dunque da ponte tra la vita intrauterina e quella extrauterina: il neonato riconosce la voce che lo ha accompagnato per tanti mesi nel pancione e saprà aprirsi a questo nuovo modo di comunicare.
Ecco il motivo per cui la riproposta del canto prenatale, delle coccole sonore, dei ritmi e delle intonazioni della voce già sperimentati in gravidanza hanno potere calmante e rassicurante nel neonato, proprio perché riportano alle sensazioni provate nel ventre materno, il “paradiso perduto”. La musica assume così il ruolo di una sorta di “oggetto transizionale”, che accompagna il neonato nel passaggio dal corpo della madre al mondo esterno, ancora sconosciuto.
Care mamme, cosa vi consiglio di fare dunque durante la vostra gravidanza? Vi invito a parlare e a cantare al vostro bimbo/a, la vostra voce gli comunicherà amore e sicurezza, vi permetterà di entrare in relazione con lui/lei in modo intimo e profondo e di gettare quindi le basi per una buona e sana relazione madre-bambino. Non trascurate anche l’ascolto di musica che vi piace, che vi fa stare bene: questo regalerà a voi e al vostro bambino momenti di benessere e di gioia. Potrebbe essere bello infine inventare una canzone speciale da “regalare” al vostro bimbo, che lo accompagnerà poi in tanti momenti della sua vita.
Al Centro Il Melograno proponiamo il laboratorio di musicoterapia mamma/bimbo Musica & Mamma , dedicato alla fascia 0-3 anni di età, durante il quale si ha la possibilità di vivere con il proprio bambino un momento esclusivo fatto di canto, contatto corporeo, movimento, ma anche danza, strumenti musicali e gioco e durante il quale ritmo, suono e melodia costituiscono strumenti di comunicazione e di interazione in grado di rendere più intensa ed efficace la relazione mamma/bambino. Attraverso questi momenti di carattere ludico e pregni di affettività si tessono le trame cognitive, emotive e sociali dello sviluppo del bambino.
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Articolo a cura di Manuela Arosio, musicoterapeuta
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