La relazione è luogo di incontro, spazio di nascita, di crescita in cui si intersecano due individui che vivono un proprio e personale progetto. L’incontro con l’altro non ha le condizioni di essere quando cerchiamo di assimilarlo ai nostri schemi, l’incontro avviene solo se ciascuno è disposto a lasciare la propria base sicura accettando il rischio di abbandonare le proprie categorie e mettersi in gioco nel qui ed ora. La crisi nella coppia è spesso data dall’emergere di una delega del proprio benessere all’altro, delega che non essendo rispettata getta nello sconforto, nella rabbia, nella frustrazione.
“Non sei più come prima! Non mi rendi felice”
sono frasi che accompagnano i vissuti di crisi. Spostando il nostro baricentro sull’altro oscilliamo tra la paura di perderlo e la paura di esserne invasi. Ci viviamo come vittima dell’altro da una parte e lo rendiamo responsabile del nostro benessere. L’altro non è cioè pensato come individuo separato da noi, a sua volta responsabile in prima persona del proprio benessere e influenzato dalle proprie fantasie relazionali e dai propri sentimenti. Non è il partner che ha la soluzione al mio sentire, al mio vivere, solo io posso appropriarmi di chi sono e dove sono.
Ogni volta che ho occasione di incontrare e lavorare con la coppia coinvolgo ogni partner a lavorare su di sé, sulle proprie soluzioni e funzionalità. La crisi diviene uno spazio per occuparsi di se stessi perché il fatto di essere in coppia non cancella ogni individualità. Il percorso di coppia è un processo che sta nell’occuparsi di sé, nell’avere il coraggio di prendere sul serio qualcosa che è accaduto e accadde nel qui e ora nella vita dei due partner.
L’unica vera chiave è mettersi in discussione ed occuparsene prendendosi sul serio.
In questo incontro con il partner ognuno sperimenta la meravigliosa occasione di fiorire perché più l’altro mi incuriosisce più sono disponibile ad aprirmi a me stesso e ad esplorare il mio presente in profondità. Sentirsi vivi è una dimensione soggettiva nel presente e ha a che fare con l’entrare seriamente nel qui ed ora e poterlo sentire come proprio. Il faro è potersi cogliere e prendersi la vita in mano assumendosi la fatica e la libertà di potersi orientare con le bussole piuttosto che il tracciato sulla mappa. Noi siamo i nostri legami, le nostre relazioni ma l’altro non è lì per prendersi cura di noi e renderci felici. Uno dei principali punti di arrivo è potersi dire “Io sono e amo te” che è all’opposto dell’iniziale sentire “esisto perché mi ami”.
A cura di Rosaria Ljuba Lucariello, psicologa-psicoterapeuta
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