IL PROFILO COGNITIVO DEL DISTURBO SPECIFICO DELL’APPRENDIMENTO: IL RUOLO DELLA MEMORIA DI LAVORO

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Profilo cognitivo e funzionamento intellettivo

A livello valutativo il profilo cognitivo di una persona si traccia a partire dalla valutazione del suo funzionamento intellettivo (meglio conosciuto come QI); per farlo in età evolutiva esistono diversi strumenti, tra cui il principale e più utilizzato è la WISC-IV (una versione delle Scale Wechsler valida dai 6 ai 16 anni e 11 mesi). Nel caso nei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA – condizioni neurobiologiche che ostacolano specifiche abilità di apprendimento) la valutazione tramite WISC-IV è necessaria a fini diagnostici per escludere una disabilità intellettiva (QI<70), ma il profilo che ne emerge può anche essere informativo rispetto al tipo di funzionamento del bambino. Per delinearne i punti principali, è necessario innanzitutto un focus sulla struttura della WISC-IV: tale batteria è composta da 15 subtest che si suddividono in quattro aree principali che valutano differenti capacità/abilità (ragionamento verbale – ICV, ragionamento visuo-percettivo – IRP, memoria di lavoro- IML e velocità di elaborazione del processamento di informazioni – IVE). A loro volta queste quattro aree si suddividono in due macroaree: l’indice di abilità generaleIAG (ragionamento verbale + percettivo) e l’indice di competenza cognitiva – ICC (memoria di lavoro + velocità di elaborazione). Il punteggio medio conclusivo e sintetico comprendente tutte le aree è invece il QI (quoziente intellettivo). Tutti i punteggi delle aree sono da considerarsi in media tra 85 e 115 (media 100, deviazione standard 15), mentre per semplicità espositiva consideriamo punteggi tra il 71 e l’84 come indicatori di una fragilità più o meno importante. Tuttavia, perché il QI risulti interpretabile (ovvero che fornisca una stima omogenea adeguata e fedele delle capacità intellettive della persona), è necessario che non vi sia eccessiva discrepanza tra lo IAG e l’ICC (non oltre i 23 punti di discrepanza). Per questo per descrivere il profilo di funzionamento di una persona risulta molto più utile rilevare le informazioni delle singole aree sia per delineare i punti di forza e di fragilità individuali, sia per tracciare il profilo sulla base di eventuali disturbi del neurosviluppo associati (data l’elevata comorbilità – come, ad esempio, disturbi del linguaggio o di coordinazione motoria).

Tale premessa risultava necessaria in quanto analisi statistiche di confronto tra campioni di soggetti con e senza DSA hanno dimostrato differenze statisticamente significative nei profili cognitivi, per cui i soggetti con DSA mostravano mediamente tali peculiarità:

  • In più del 50% dei casi, i soggetti con DSA avevano un QI non interpretabile, con uno IAG>ICC (profilo disomogeneo): infatti i bambini con DSA ottengono mediamente punteggi più bassi negli indici IML e IVE, e nel subtest Somiglianze (ICV, ma per la cui risoluzione necessita di un buon coinvolgimento della memoria di lavoro);
  • Spesso l’IRP appare come punto di forza;
  • La dislessia si associa frequentemente a punteggi più bassi nell’IVE (soprattutto nel subtest Cifrario).
  • Nella discalculia si riscontrano mediamente deficit cognitivi più generali (fragilità soprattutto in ICC);
  • La disortografia non si associa ad alcun deficit particolare riscontrabile nella WISC-IV;

Questo profilo tipico funge da “indicatore cognitivo” dei DSA e riflette una fragilità delle funzioni esecutivo-attentive (FEA) che potrebbero impattare sull’efficienza nel processamento delle informazioni, ed è per questo che a livello di trattamento il potenziamento delle FEA – e in particolare della memoria di lavoro (WM) – è importante e necessario affianco a quello relativo alle specificità del singolo disturbo (lettura, scrittura o calcolo) (Toffalini, Giofé & Cornoldi, 2017).

In questa sede non prenderemo in esame le aree cognitive che vengono valutate/approfondite con strumenti specifici e di cui la WISC-IV non si occupa, né il confronto che potrebbe derivare dall’utilizzo di altri tipi di strumenti per la valutazione del profilo cognitivo a livello non-verbale (es. Leiter-3, Matrici di Raven), ma faremo un focus sulle implicazioni della fragilità della memoria di lavoro (d’ora in poi WM).

 

Memoria di lavoro

La memoria di lavoro (working memory – WM) è un sistema cognitivo complesso, che ci consente di mantenere temporaneamente una quantità limitata di informazioni rilevanti in memoria mentre svolgiamo continue attività cognitive complesse (es. comprendere, apprendere, ascoltare, interagire ecc) (Baddeley, 1992). Tale sistema è responsabile del mantenimento, della manipolazione e dell’elaborazione delle informazioni: consente di elaborare concetti, risolvere problemi, prendere decisioni, pianificare e organizzare compiti complessi.

La memoria di lavoro è comunemente descritta in tre sottocomponenti: loop articolatorio (relativo alle informazioni verbali con processi di articolazione fonologica), taccuino visuo-spaziale (relativo alle informazioni visive e spaziali) e sistema esecutivo centrale (deputato al coordinamento delle attività della memoria di lavoro con le altre attività cognitive e distribuisce le risorse tra gli altri due sottosistemi (Baddeley e Hitch,1974; Baddley, 2003). Da ciò emerge chiaramente come i sistemi di memoria siano altamente interconnessi con quelli esecutivo-attentivi, e come il cervello lavori in sinergia per permettere operazioni complesse quali l’apprendimento e l’automatizzazione di operazioni quali la letto-scrittura, il calcolo e la comprensione del testo.

Se a tutto ciò aggiungiamo l’importanza che le funzioni esecutivo-attentive (tra cui rientra la WM) svolgono in ogni nuova circostanza in cui dobbiamo organizzarci, appare evidente l’importanza di una valutazione approfondita che tenga conto anche di questo importante set di funzioni cognitive. A titolo esemplificativo, riporto una apparentemente banale circostanza in cui sono necessarie tali capacità organizzative: la preparazione dello zaino con il materiale scolastico prevede di tenere a mente molte informazioni per compiere delle sequenze di azioni (obiettivo, pianificazione gerarchica di azioni, mantenimento attivo in memoria-aggiornamento-esecuzione). Fatiche nella WM si associano a fatiche nel portare a termine facilmente anche questi tipi di operazioni.

Tali aspetti di fragilità organizzativa, trovano infatti spesso riscontro anche in persone con DSA, dove studi hanno dimostrato che rispetto ai bambini con sviluppo tipico, tutti i gruppi in difficoltà di apprendimento hanno mostrato deficit di WM verbale e WM numerica (Peng P. & Fuchs D., 2014).

 

Procederemo ora con un focus sulle manifestazioni delle fragilità nella WM nei diversi DSA:

 

Dislessia- disortografia e WM

I disturbi della letto-scrittura si associano ad una difficoltà nel loop fonologico della WM che porta ad una mancata o ad una difficoltà nell’automatizzazione dell’associazione grafema-fonema: da qui emerge la difficoltà nella decodifica delle parole e un conseguente sovraccarico della memoria di lavoro, con esiti in errori frequenti e lettura/scrittura poco fluide (es. è come se la lettura avvenisse sempre per la prima volta). Talvolta la dislessia si manifesta in associazione a problemi nel ricordare istruzioni verbali, nel seguire conversazioni complesse, e nell’acquisire parole nuove e lessico specifico – in particolar modo se in esiti di pregresso disturbo specifico del linguaggio. Con l’età, mentre alcune di queste difficoltà possono attenuarsi, compiti che richiedono una maggiore capacità di memoria di lavoro, come la comprensione di testi complessi, possono rimanere problematici a causa del grande dispendio di risorse attentive.

Disturbo della comprensione del testo e WM

La comprensione del testo scritto è un processo cognitivo non riconducibile ad un unico processore di informazioni, ma interdipendente da diverse funzioni, tra cui gioca un ruolo cruciale proprio la memoria di lavoro (G. Tarter er al., 2015), in quanto necessita che le informazioni in entrata siano mantenute ed elaborate durante la lettura per permettere un controllo attivo del processo che si sviluppa successivamente. È infatti una competenza complessa che prevede: integrazione di aspetti sintattici, semantici e narrativi (Nation e Slowing, 2000); integrazione di significato coerente tra le informazioni lette, tra di loro e in connessione con le conoscenze pregresse (Kintsch, 1998); soppressione di informazioni semantiche irrilevanti e selezione di quelle rilevanti, es. concetti chiave (Carretti, Cornoldi, De Beni, Romanò, 2005); abilità metacognitive di monitoraggio e regolazione (Carretti, Cornoldi e De Beni, 2002); comprensione di significati astratti (Stanovich, 1993); adeguato livello di decodifica della lettura secondo i parametri di accuratezza e velocità (Tressoldi, Stella, Faggella, 2001).

Non stupisce che tale aspetto sia uno dei processi cognitivi più rilevanti durante lo studio oltre che un’abilità trasversale agli apprendimenti scolastici (De Beni, Pazzaglia, Molin, Zamperlin, 2003), tanto che basse abilità di comprensione hanno delle ripercussioni sul successo scolastico (Carretti, De Beni e Palladino, 2000), ed è stato dimostrato come bambini con scarse abilità di comprensione del testo abbiano una memoria di lavoro meno efficiente dei coetanei, soprattutto per l’elaborazione degli stimoli verbali (deficit nel loop articolatorio e nel sistema esecutivo centrale) (Perfetti e Golman, 1976; Swanson, 1999).

Discalculia e WM

La discalculia (semplificando) si associa ad un deficit del taccuino visuo-spaziale della WM, responsabile della gestione delle informazioni spaziali e visive, che crea una mancata automatizzazione di fatti numerici e tabelline, o un apprendimento difficoltoso di formule matematiche, difficoltà nel calcolo a mente, nel seguire sequenze numeriche e/o temporali e nell’organizzare informazioni spazialmente (aspetti di sovrapposizione con la disgrafia – spesso in comorbilità con la discalculia), e nella risoluzione dei problemi (aspetto sovrapposto alla pianificazione e alla comprensione del testo con l’estrazione dei dati rilevanti e la loro organizzazione).

 

Appare perciò evidente la stretta relazione tra memoria di lavoro e apprendimento: l’apprendimento è un processo attivo che si basa sulla capacità di selezionare le informazioni rilevanti, saperle organizzare in concetti chiave, riuscire a creare associazioni tra le informazioni immagazzinate e ciò che già conosciamo. Le fragilità nell’ICC che si rilevano nei profili cognitivi dei DSA – che indicano pertanto mediamente caratteristiche quali difficoltà a carico della memoria di lavoro, lentezza procedurale e difficoltà a mantenere l’attenzione – risultano a ragione correlate a vario livello a difficoltà negli apprendimenti scolastici.

Il modo in cui la WM e i DSA interagiscono varia nel corso della vita grazie alla maturazione delle funzioni esecutivo-attentive e allo sviluppo di strategie compensative. Tuttavia, nuove situazioni o compiti che esigono un utilizzo intenso della WM potrebbero ancora rappresentare una fatica particolare.

 

Nel prossimo articolo vedremo come è possibile potenziare la memoria di lavoro e quali strategie possono essere attuate al fine di ovviare alle difficoltà associate.

 a cura di Sara Marchesi, psicologa clinica

 

Bibliografia e sitografia

  • Baddeley, A. D. (2003). Working memory and language: An overview. Journal of communication disorders, 36, 189-208.
  • Carretti, B., Cornoldi, C., De Beni, R., & Romanò, M. (2005). Updating in working memory: A comparison of good and poor comprehenders. Journal of Experimental Child Psychology, 91, 45-66.
  • Carretti, B., Cornoldi, C., De Beni. (2002), Carretti, B., Cornoldi, C., De Beni, Il disturbo specifico di comprensione del testo scritto. In S. Vicari e M. C. Caselli (a cura di), I disturbi dello sviluppo: neuropsicologia clinica e ipotesi riabilitative, Bologna il Mulino, pp. 169-189

 

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