Depressione post-partum: colpisce anche i papà?

“Quando ci ritroviamo il nostro piccolino tra le braccia, nulla può essere come prima” cit. A. Volta

Spesso sentiamo parlare di depressione post-partum in televisione o sui giornali, in concomitanza con fatti di cronaca poco piacevoli, ma in realtà questo è un tema che è ancora troppo trascurato. Forse per paura, forse per vergogna si preferisce tacere. Perfino i corsi pre-parto in ospedale non gli danno l’importanza che merita.
Purtroppo il 15-20% delle donne che partoriscono vengono colpite da questa malattia e il più delle volte non viene riconosciuta o diagnosticata correttamente.
Facciamo un po’ di chiarezza, con l’intento, non di spaventare, ma di fornire informazioni e promuovere consapevolezza: cosa si intende per depressione post-partum?
E’ il nome dato alla depressione clinica che si manifesta entro sei mesi dalla nascita del bambino e può causare sintomi quali tristezza, voglia di piangere, sentimenti di inutilità, ansia, sensi di colpa, mancanza di interesse per la maggior parte delle attività giornaliere. Essa non va confusa con il baby-blues, che è un disturbo transitorio che colpisce il 90% delle donne nei primi 15 giorni dopo il parto. Quest’ultimo è caratterizzato da pianto, labilità emotiva, irritabilità ma tale sintomatologia non è una malattia e non richiede un trattamento specifico.
E’ semplicemente una difficoltà momentanea dovuta al cambiamento ormonale, che se ne va spontaneamente così come è venuta, sebbene sia necessario che la donna riceva rassicurazione ed empatia dalle persone che la circondano.
Quello che forse è ancora più sconosciuto è che la depressione post-partum non è un disturbo tipicamente femminile, ma può colpire anche i papà. Dopo la nascita di un bambino infatti, gli equilibri all’interno della coppia e della famiglia cambiano e necessitano di essere ricostruiti.
Ma non cambiano solo per la donna, anzi….per i papà può essere ancora più complesso: se infatti la donna tende comunque a concentrare e ad investire tutte le proprie energie sul bambino, a poco a poco l’uomo può sentire di essere escluso dal legame e messo in disparte. Così come per la madre, anche per il padre la nascita può attivare sentimenti ed emozioni forti e ambivalenti.
Per la donna può essere più semplice costruire un legame col proprio piccolo, in quanto ha avuto modo di conoscerlo per nove mesi quando l’aveva in pancia; per il papà invece anche questo passaggio è più complicato: deve infatti partire da zero e costruire il legame e il proprio ruolo a poco a poco, cercando di conquistarsi l’attenzione e l’amore del figlio.
Si trova ad affrontare cose mai fatte prima come cambiare il pannolino, calmarlo quando piange, farlo addormentare e spesso scatta la sensazione di inadeguatezza e di insicurezza, dovuta anche a critiche continue che spesso noi donne ci lasciamo scappare. “Lascia stare che faccio io”, “Ma come gliel’hai messa questa tutina?” sono solo alcune delle frasi che capita alle donne di dire ma che contribuiscono a creare un sentimento di inadeguatezza e di incapacità ad aiutare in modo corretto la propria compagna. Pur di non sbagliare, a volte arrivano a rinunciare al proprio ruolo “perché tanto qualunque cosa faccio non va mai bene”.
Questa percezione li porta ad auto-escludersi dal rapporto madre-bambino (“ah ma se lo prendo io tanto non si calma”, “vuole solo la sua mamma”, “non riesco fai tu”) e di conseguenza a sentire di essere meno importante. A questo si aggiunge la possibilità di sperimentare sentimenti di gelosia verso il nuovo arrivato che, diversamente da lui, riesce a catturare tutte le attenzioni della mamma. Ma provare gelosia verso il proprio bambino fa sentire in colpa, in quanto è impensabile essere gelosi di un pargoletto che magari si è anche tanto desiderato. E quindi scatta la rabbia, il nervosismo, creando un circolo vizioso dalla quale è difficile uscire.
Questi elementi protratti nel tempo, possono scaturire in una vera e propria depressione: il papà sperimenta sentimenti di solitudine, si sente poco desiderato, inutile e con umore basso, si disinteressa a quelle che una volta erano le attività che più lo stimolavano. Il fatto è che nell’uomo questa patologia non viene riconosciuta e automaticamente esclusa.
Un professionista competente invece dovrebbe poterla distinguere e diagnosticare, così come una famiglia attenta dovrebbe imparare a cogliere questi piccoli segnali.
Gli studi hanno evidenziato che il rischio di depressione post-partum del papà è più alto se anche la mamma soffre di depressione post-partum o se lui in passato ha già sofferto di depressione o disturbi d’ansia a causa di una storia personale travagliata (rapporto difficile con il proprio padre, separazione traumatica dei genitori). Altri elementi quali una situazione economica precaria o una relazione poco soddisfacente con la partner possono aumentare questo rischio.
Cosa può aiutare allora? Il dialogo con la propria compagna, ritagliarsi dei momenti per sé e per la coppia, chiedendo aiuto alla propria rete familiare e ad un professionista, che lo potrà aiutare a gestire le proprie emozioni, le nuove responsabilità che mamma e bambino sollecitano e lo aiuterà a trovare una nuova collocazione sociale.
E’ fondamentale tenere presente per vivere al meglio i primi mesi dopo la nascita quelle che io chiamo “alcune perle di saggezza”:
– Non esiste la mamma perfetta né il papà perfetto
– Si può sbagliare..! “Nessuno nasce imparato”
– Bisogna concedersi del tempo per imparare a fare il papà e la mamma: non si diventa automaticamente genitori solo perché il bambino è nato.
– Nessuno conosce il bambino meglio di voi, neanche il professionista più competente!
– Abbiate fiducia nel vostro istinto materno e paterno!

A cura di Debora Comi, psicologa psicoterapeuta
Responsabile area nascita, Centro il Melograno

www.psicologa-deboracomi.it

Bibliografia:

Volta A. “Mi è nato un papà”, Feltrinelli Editore, Milano; 2010
Marcoli A. “La rabbia delle mamme” , Mondadori, Milano; 2011
Monti F. “La depressione postnatale”, Francesca Agostini.Roma; Carocci, 2006
Zaccagnino M. “Cara mamma e caro papà…” Associazione EMDR Italia

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