Come proteggersi dalla demenza

Oggi si osserva e nel futuro si stima un significativo incremento del numero di persone che risulta affetto da demenza, una patologia che è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e da Alzheimer Disease International (ADI) una priorità mondiale di salute pubblica. Attualmente si stima che nel mondo oltre 55 milioni di persone convivono con una demenza.

I dati del Global Action Plan 2017-2025 dell’OMS indicano infatti che, entro il 2050 il numero di persone colpite da demenza a livello mondiale sarà triplicato, arrivando a 152 milioni di casi, con circa 10 milioni di nuovi casi all’anno (1 ogni 3 secondi). L’aumento stimato è in parte attribuibile all’invecchiamento e alla crescita della popolazione e, in parte, a stili di vita poco salutari.

La malattia di Alzheimer è la forma di demenza più conosciuta e più diffusa, ma, accanto ad essa, troviamo svariate forme di demenza che si distinguono per l’origine e le caratteristiche cliniche.

 

Che cos’è la demenza?

La demenza è una sindrome clinica – cioè un insieme di segni e sintomi – caratterizzata da una perdita delle funzioni cognitive e dell’autonomia funzionale.

 

Ad oggi purtroppo, dal punto di vista farmacologico, non sono ancora disponibili terapie risolutive nella cura della demenza, sebbene siano in corso numerosi progetti di ricerca volti ad individuare terapie efficaci. Le strategie terapeutiche a disposizione per le demenze privilegiano un approccio integrato centrato sulla persona e sono di tipo farmacologico e psicosociale.

 

Come possiamo proteggerci da questa malattia?

Nonostante colpisca principalmente le persone anziane, la demenza non è una naturale conseguenza dell’invecchiamento. A questo proposito, il rapporto di una commissione della prestigiosa rivista scientifica The Lancet  pubblicato nel 2020 indica che il 40% dei casi di demenza potrebbe essere prevenuto o ritardato eliminando l’esposizione a 12 fattori di rischio, tra cui:

  • scarsa istruzione
  • pressione alta
  • problemi di udito
  • fumo
  • obesità nelle persone di mezza età
  • depressione
  • inattività fisica
  • diabete
  • isolamento sociale
  • consumo eccessivo di alcol
  • trauma cranico
  • inquinamento atmosferico

 

Si può dunque fare molto implementando uno stile di vita salutare che tenga conto sia degli aspetti fisici legati al corpo sia di quelli psicologici e relazionali.

 

Quali possono essere i campanelli d’allarme?

Per avvistare i primi segnali della malattia, l’American Alzheimer Association nel 2005 ha pubblicato i dieci campanelli di allarme per la malattia di Alzheimer:

  1. La persona va spesso in confusione e ha dei vuoti di memoria; uno dei segnali più comuni è un significativo calo della memoria, soprattutto per quanto riguarda le informazioni apprese di recente.
  2. Non riuscire più a fare le cose di tutti i giorni; la persona mostra maggiori difficoltà nella programmazione o nella risoluzione di problemi quotidiani. Ad esempio, alcune persone possono avere problemi a ricordare una ricetta che era loro familiare, oppure possono avere difficoltà a concentrarsi e impiegare molto più tempo per svolgere mansioni quotidiane, non riuscendo, talora, a portarle a termine.
  3. Faticare a trovare le parole giuste; mentre la persona parla manifesta frequentemente difficoltà a ricordare il nome delle cose e a recuperare la parola appropriata.
  4. Dare l’impressione di avere perso il senso dell’orientamento; la persona può non ricordare che giorno è, confondere le date, i mesi e gli anni e perdere il senso dell’orientamento spaziale: dimenticarsi, ad esempio, dove si trova o non riuscire a ritrovare la strada di casa.
  5. Indossare più abiti, uno sopra all’altro, come se non si sapesse vestire; la persona può inoltre presentare difficoltà ad abbottonarsi, allacciarsi le scarpe o vestirsi con capi di pesantezza non adeguata alla stagione.
  6. Avere problemi con i soldi e con i calcoli; ciò può rendere difficile effettuare anche piccole spese. Tale difficoltà a gestire il denaro è spesso associata a una ridotta capacità di giudizio.
  7. Riporre gli oggetti in luoghi inconsueti; la persona può spesso non trovare le cose e lasciare gli oggetti in luoghi insoliti. In alcuni casi capita che arrivi anche ad accusare i familiari o altri di averli rubati.
  8. Avere improvvisi sbalzi di umore; le oscillazioni dell’umore possono presentarsi senza apparente motivo. La persona può così diventare, in modo “imprevisto”, triste, spaventata, ansiosa, o talora irritabile.
  9. Cambiare personalità; l’individuo può, ad esempio, apparire maggiormente disinibito o aggressivo, può intraprendere comportamenti eccentrici e insoliti o assumere atteggiamenti sospettosi e, a tratti, paranoici.
  10. Avere sempre meno interessi e spirito di iniziativa; la persona può gradualmente rinunciare a hobby, attività sociali, progetti di lavoro ecc., fino ad arrivare, in alcuni casi, a un vero e proprio ritiro sociale.

 

Questi sintomi possono presentarsi in modo variabile e diversificato tra i vari individui. Comunemente nella fase iniziale tendono ad emergere con maggior evidenza i sintomi cognitivi, soprattutto le criticità di memoria, mentre i sintomi emotivo-comportamentali possono comparire più frequentemente in una fase successiva del decorso della malattia.

In caso si osservino, in sé o in un familiare, alcuni di questi cambiamenti, può essere utile effettuare una valutazione neuropsicologica di approfondimento.

 

Che cos’è una valutazione neuropsicologica?

La valutazione neuropsicologica è una esame del funzionamento cognitivo che indaga in modo approfondito le varie funzioni cognitive e l’impatto funzionale degli eventuali deficit presenti.

Consente di misurare le abilità cognitive, quali, ad esempio, l’attenzione, la memoria, il linguaggio, le abilità visive e le funzioni esecutive, mediante la somministrazione di test neuropsicologici, strumenti psicometrici sensibili e specifici che consentono di delineare il profilo cognitivo e di individuare la presenza di eventuali criticità.

Permette, inoltre, di valutare le alterazioni comportamentali, emotive e dell’autonomia.

Una visita neuropsicologica comprende, in genere, un colloquio clinico iniziale, la somministrazione di test neuropsicologici e un colloquio con il familiare accompagnatore.

 

 

Per fissare un appuntamento o per avere maggiori informazioni sul servizio di valutazione neuropsicologica scrivi a psicologia@centroilmelograno.it

A cura di Giulia Bonanomi, psicologa, neuropsicologa, psicoterapeuta.

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