ADOLESCENZA: UNA RETE DI SFIDE

La sfida è un elemento centrale nel periodo della preadolescenza e dell’adolescenza, perché è attraverso la sfida che i ragazzi danno espressione e appagamento ai bisogni tipici di questa fase evolutiva, quali il voler mettere alla prova i propri limiti e quelli dei “grandi”, il riconoscimento e l’appartenenza ad un gruppo. Per i cosiddetti nativi digitali, va da sé che il gruppo coincide il più delle volte con una platea di followers, la cui numerosità è spesso fonte di rinforzo ad un’autostima che è ancora in costruzione. Affrontare e superare una sfida in rete, allora, oltre a soddisfare il bisogno di adrenalina che fisiologicamente ragazzi e ragazze sperimentano, è anche e soprattutto un modo per sfuggire al senso di impotenza e noia che spesso caratterizza questa età. A volte, poi, la rete viene vissuta come mezzo di “fuga dalla realtà” per evitare di andare a scuola, per sfuggire ai litigi con i propri compagni e alle incomprensioni con i docenti: tutte situazioni che possono suscitare nei ragazzi ansia, paura e angoscia, vissuti che non si sentono in grado di gestire.

Negli ultimi anni, questo fenomeno generazionale ha preso il carattere delle cosiddette “challenge” o “sfide social”: catene nate sui social network in cui si viene nominati o chiamati a partecipare da altri attraverso un tag. Lo scopo in genere è quello di postare un video o un’immagine richiesta, per poi nominare altre persone a fare altrettanto, con una diffusione a macchia d’olio nel Web. E’ noto a molti il fenomeno che impazzò pochi anni fa, conosciuto come “Blue Whale”, che in poco tempo portò all’attenzione degli adulti un gioco pericoloso che culminava, nei casi più estremi, in gesti di autolesionismo e suicidio.

Oggi sono molte le “CHALLENGE” più o meno divertenti che attirano l’attenzione dei nostri bambini e ragazzi. Per citarne solo alcuni, si va dalla catena alcolica, con la finalità in genere di filmarsi mentre si bevono ingenti quantità di alcol in pochissimo tempo e in luoghi improbabili, alle  mode legate all’ispirazione alla magrezza quali la challenge “Thigh Gap” (arco tra le gambe), il “Bikini Bridge” (ponte nel costume da bagno sulla pancia), la “Sfida della clavicola” o la “Belly Button” (far girare il braccio dietro la schiena fino a toccarsi l’ombelico). Alcune sfide ricalcano fenomeni di gruppo già noti negli anni ’90, ma resi oggi virali attraverso il web, come il “Chocking game” altrimenti detto “Space Monkey”, dove l’obiettivo condiviso in video è provocarsi  uno svenimento facendo ricorso all’iperventilazione per poi bloccare l’affluenza del sangue al cervello mediante compressione della carotide.  Altre challenge invece si rifanno a serie tv e horror movie, come la “Bird Box Challenge”, diffusa oltreoceano, che consiste nel postare social video in cui con gli occhi bendati ci si aggira nell’ambiente circostante.

 

Il dato preoccupante, sottolineato anche dalla presidente dell’osservatorio adolescenti Maura Manca, è che dietro a questi comportamenti a rischio non c’è presa di coscienza da parte di chi li mette in atto. La tendenza fisiologica di preadolescenti e adolescenti a cercare sensazioni forti è infatti accompagnata da una loro incapacità di riflettere pienamente sulle conseguenze soggettive di tali azioni, cosicché la loro valutazione è spesso solo oggettiva: “l’ho visto fare a lui e non gli è accaduto nulla, quindi posso farlo anche io”.

I genitori, spesso ignari di tutto ciò, possono sentirsi incapaci di gestire un fenomeno tanto rapido quanto incontrollabile. Lasciando da parte facili allarmismi, è importante sottolineare che l’attenzione degli adulti debba essere alta senza tuttavia risultare opprimente per i ragazzi, cosa che potrebbe accentuare la loro chiusura. Pur tenendo presente che ogni persona è unica e senza voler standardizzare le singole situazioni, è comunque possibile tenere presenti alcuni indicatori che possono suggerire al genitore di chiedere aiuto.

Bisogna imparare a conoscere le micro-abitudini dei figli e nel contempo valutare quando variano nella frequenza e nella tipologia. E’ utile porre attenzione ai cambiamenti che il proprio figlio fa nell’uso dei social, per esempio se cambia la modalità e frequenza con cui utilizza i social, se li utilizza di notte e che tipo di contenuti predilige. A casa i figli possono diventare più isolati e attenti al cellulare, con un accentuato livello di ansia e monitoraggio nei confronti delle inferenze dei genitori. Anche i cambiamenti nelle abitudini quotidiane, come una maggiore chiusura alle relazioni sociali e un peggioramento nel rapporto con la scuola (rifiuto, svogliatezza, evitamento) possono essere dei campanelli d’allarme da non sottovalutare.

Non è sempre facile riconoscere questi segnali e distinguerli dalle normali oscillazioni di umore tipiche dell’età adolescenziale; tuttavia, attraverso uno sguardo aperto e curioso nell’osservare il proprio figlio che cresce, l’ascolto empatico e la sua accettazione, è possibile allenarsi a cogliere che qualcosa non va, e quindi chiedere aiuto affidandosi ad una “rete” di sicurezza reale: la condivisione con la scuola, gli altri genitori, gli allenatori sportivi e l’ausilio di professionisti del settore e della Polizia Postale qualora servisse.

a cura della Dott.sa Martina Nava, Psicologa clinica e psicoterapeuta del bambino e dell’adolescente

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